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La fuga dal lavoro: in un anno 15 mila dimissioni volontarie 

Contratti a tempo indeterminato, 3000 uscite in più rispetto al 2019. Colpiti i settori specializzati e la sanità. Il direttore dell’Ipl Stefan Perini: «I giovani danno maggiore peso al tempo libero e alla realizzazione personale»

I DATI Lavoro, l'Alto Adige sempre più bisognoso di manodopera straniera


Aliosha Bona


BOLZANO. Il paradosso del mondo del lavoro. L’inflazione è alle stelle, una media pari al 9,7% a Bolzano. Il che comporta, rispetto al 2021, una spesa aggiuntiva di 2.578 euro per famiglia. In tutto questo, nella città più cara d’Italia, le dimissioni volontarie aumentano: sono state 15.714 in Alto Adige nel 2022. Oltre 3 mila in più rispetto al 2019, l’ultimo anno (prima del Covid) valido per un paragone adeguato. E non si parla di contratti precari, bensì a tempo indeterminato, nel settore pubblico e privato. La fuga dal lavoro è un fenomeno diventato tendenza globale. Trova il suo apice negli Stati Uniti, dove l’hanno ribattezzato «Great Resignation». Anche nella florida economia oltreoceano le imprese fanno sempre più fatica a garantirsi la continuità lavorativa dei dipendenti. La nostra provincia non fa eccezione.

«Questo trend esiste ed è preoccupante», conferma Stefan Perini, direttore dell’Ipl, «La pandemia ha alimentato tutto. Come? Beh, le persone hanno avuto tempo di riflettere nel biennio falcidiato dal Covid. Si è chiesta se il lavoro che stava facendo da anni, fosse veramente la strada giusta da percorrere. Per molti, evidentemente, non lo era. Ed ecco spiegata una parte del fenomeno». Una parte, appunto. Perché le migliaia di dimissioni volontarie hanno età, motivazioni e prospettive diverse tra loro. I giovani, ad esempio, tendono a non accontentarsi. «Le nuove generazioni hanno aspettative più alte delle precedenti generazioni», prosegue Perini, «Non è tanto importante la carriera, quanto il tipo di lavoro. Se il mestiere li soddisfa personalmente, se hanno tempo per gli amici, per le ferie, per la famiglia. E spesso le aziende non riescono a garantire tutto ciò». Il discorso di Perini ricade, in particolar modo, sui lavori specializzati. Chef, panettieri, pasticcieri: mestieri che faticano ad attrarre i più giovani, come abbiamo raccontato - dalla voce degli stessi titolari - nelle ultime settimane.

Allarme anche in sanità

Tra le categorie più colpite dalla carenza di personale, torna la sanità. Alla Asl risultano vacanti 228 posti. Entro il 2030 andranno in pensione altri 380 professionisti attualmente in servizio. Alla scarsità di per sé strutturale, si aggiungono le decine di dimissioni. «Anche i settori di cura, purtroppo, fanno la loro parte. Complice il Covid, decine di infermiere e infermieri hanno lasciato perché esauriti dal lavoro. Non solo per gli orari, che possono comprendere la notte, ma proprio per l’attività. Che è dispendiosa, ma allo stesso tempo indispensabile», conclude Perini.

L’intervento dei sindacati

C’è chi la propria passione la porta all’estero, dove sta prendendo piede la «settimana corta»: 4 giorni di lavoro per un totale di 36 ore. C’è chi invece cambia del tutto dimensione. «Succede, ma chi si dimette spesso ha già un lavoro pronto», spiega Cristina Masera, segretaria generale della Cgil. E in effetti, i numeri sembrano darle ragione. Perché nonostante l’aumento di dimissioni, l’occupazione in Alto Adige rimane stabile: ad oggi, sono 217 mila i dipendenti nel settore pubblico e privato, 5 mila in più rispetto a 365 giorni fa. Quasi 10 mila in più del pre-Covid. «Il problema però resta», prosegue Cristina Masera, «Chi lascia, spesso lo fa per trovare condizioni migliori. Anche ambientali. Lo stipendio? Rimane un fattore importante».

Soluzioni concrete al momento anche i sindacati fanno fatica a proporle. Anche se l’identikit dei dimissionari, è facilmente tracciabile. «Dividerei il fenomeno in due», interviene Donatella Califano, segretaria provinciale della Cisl, «Da una parte certi genitori con figli si dimettono per sfruttare le indennità di disoccupazione. Dall’altra ci sono i giovani. Gli specializzati prendono questa decisione più a cuor leggero, sapendo di avere delle opzioni a disposizione. Mentre chi è all’inizio (stagisti o praticanti) ha più difficoltà a contrattare».

In Trentino Alto Adige, secondo i dati riportati dal ministero, le dimissioni volontarie nei primi nove mesi del 2022 risultano 37.781. Nello stesso periodo dell’anno precedente, erano 29.912. Infine, secondo l’osservatorio del mercato del lavoro, sono 2.046 i licenziamenti (di contratti a tempo indeterminato) effettuati dalle aziende provinciali nel 2022. Meno rispetto al 2019, quando si toccava quota 2.703.

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