La sfida

La prima mozzarella di bufala “made” in Alto Adige 

Le bufale allevate sul Renon, il latte viene lavorato a Cardano nel caseificio “Amò”. «Ci sono voluti due anni ma ci siamo riusciti»


Angelo Carrillo


BOLZANO. Un progetto a lungo accarezzato e che ora sembra finalmente essere arrivato in porto. Omar Signori e Denis Plazzer, i primi produttori altoatesini di mozzarella artigianale con la loro azienda casearia Amò, da qualche giorno producono anche quelle di bufala, senza dover acquistare il latte fuori regione. «Un prodotto completamente “made in Südtirol” – spiega Omar Signori – reso possibile dalla collaborazione con una famiglia di allevatori che ha deciso di allevare le bufale sull’Altopiano del Renon.

La nostra ricerca ci ha fatto incontrare Simon ed Elisabeth Döwa, una giovane coppia, che vive e lavora all’Untermigler Hof, a Soprabolzano, e che ha dato ospitalità a cinque giovani bufale. Dopo due anni sono nati i primi vitellini. Abbiamo accolto la sfida provando a lavorare il latte di bufala per trasformarlo in mozzarella. Il maso dista una decina di minuti dalla strada principale ed è circondato da campi e boschi. Siamo convinti che il territorio offre condizioni ottimali per questo animale: si tratta di una razza robusta e resistente, famosa per il suo latte ricco e pregiato».

Simon ed Elisabeth Döwa hanno voluto trovare una nicchia di mercato per la loro attività agricola e la hanno trovata nell’allevamento dei bovini tipici del sud.

L’incontro con i creatori del marchio Amò è stato quasi obbligato.

«Troppo complicato produrre mozzarelle formaggi con il particolare latte di questi bovini senza avere la necessaria esperienza» spiegato Simon Döwa -. Sono animali molto intelligenti e sensibili. Il rispetto per l’animale è fondamentale per noi, sono liberi di pascolare, si nutrono esclusivamente di erba e fieno». Anche per Signori e Plazzer la sfida non è stata semplice. Per realizzare il formaggio a pasta filata forse più famoso al mondo con il latte delle bufale, bisogna lavorare con particolari tecniche che partono già dalle forme di allevamento.

«Se il loro latte non arriva ad avere almeno l’8% di grassi “non fila” e quindi non si riesce a produrre la mozzarella -racconta Signori – per questo il grande lavoro parte già dall’alimentazione e bisogna sincerarsi che le bufale mangino a sufficienza. Un programma messo a punto in due anni di meticoloso lavoro». Ora si è arrivati al dunque. Signori fa analizzare il latte tutte le settimane. Tutto deve essere perfetto perché da questa settimana il caseificio Amò inizia a commercializzare mozzarella di bufala interamente prodotta in Alto Adige, tra il maso e lo stabilimento di Cardano. «E senza trucchi – prosegue – perché sin da subito abbiamo deciso di seguire una condotta etica anche al di là di quello che permettono leggi e regolamenti».

Niente alimentazione forzata o integratori specifici. «Noi puntiamo alla qualità spiega – una produzione che rimarrà piccola ma di alto livello, con una particolare attenzione ai ristoratori più attenti». Il pensiero va a Santo Gabriele della Pizzeria Corso che da settimane sta sperimentando la nuova mozzarella sulle sue pizze classiche napoletane. Una passione, quella di Signori e Plazzer, nata qualche anno fa e sfociata nel negozio di Via Milano e soprattutto nel caseificio di Cardano.

Che l’interesse sia forte lo dimostra anche la presenza dell’assessore Arnold Schuler che vede nell'ampliamento della gamma produttiva dei prodotti di nicchia nuove possibilità di sviluppo l’agroalimentare. Una visione ormai sempre più ricca di esempi virtuosi. Basti pensare che sull’altipiano oltre alle bufale si allevano vacche di razza Wagyu per la carne di stile giapponese, e la chianina di origine toscana. E ora anche la prima mozzarella di bufala dell’Alto Adige.













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Valeria Frangipane

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