Lugli: «Voglio una università ricca di studenti»

La scommessa per il rilancio dell’ateneo «Altri fondi privati per rafforzare la ricerca»


di Francesca Gonzato


BOLZANO. Paolo Lugli è uno scienziato giramondo, per studio e passione. Fisico, esperto di nanotecnologie, dopo la laurea a Modena e la specializzazione con un master nel Colorado, ha iniziato l’insegnamento universitario e la ricerca. Di nuovo Colorado, Modena e Roma Tor Vergata. Negli ultimi dodici anni ha insegnato Nanoelettronica alla Technische Universität di Monaco di Baviera, uno dei più prestigiosi atenei tedeschi, diventando preside, negli ultimi due anni, della Facoltà di Elettrotecnica e Tecnologie dell’Informazione, con 3.500 studenti e circa 700 dottorandi. A Lugli, 60 anni, è stata affidata la guida della Lub per i prossimi quattro anni (rinnovabili) come nuovo rettore. A suo agio tra italiano, tedesco e inglese, esponente delle facoltà scientifiche, dopo dodici anni di rettori provenienti da Scienze della formazione (Rita Franceschini e Walter Lorenz), Lugli può essere il rettore del consolidamento della Lub, ferma da molti anni a circa 3300 studenti (la capacità massima, con numero chiuso, può arrivare intorno a 3800). «L’ultima cosa che voglio è suscitare troppe attese...», esordisce Lugli.

Se ne stava tranquillo in un incarico di grande prestigio, nella bella Monaco...

«Chi me l’ha fatto fare? Forse non c’è una risposta, perché è vero che ho lasciato un incarico perfetto e vivevo molto bene a Monaco di Baviera».

La sfida del rettorato?

«Forse sì. Sono stato preside per due anni, ho capito che mi piace questa attività più manageriale. Sono stato felice per molti anni come ricercatore e professore. Come preside di facoltà, il passo successivo sarebbe stato diventare rettore. Si è aperta la possibilità della Lub di Bolzano: ho pensato che avesse le dimensioni giuste per garantirmi un saldo comando della nave. Non sono un nostalgico dell’Italia. Ne conosco i problemi e vivendo in Germania, apprezzandone l’efficienza e la meritocrazia, ho visto quanto diversamente potrebbero andare le cose in Italia se solo... Ecco, diciamo che Bolzano mi appare come una buona via di mezzo».

Quali ritiene che siano i punti di debolezza della Lub?

«In base alle mie conoscenze ancora parziali, credo che le facoltà si parlino troppo poco, che ci sia molto da lavorare sull’interdisciplinarietà, tema che mi appassiona, che per la Lub sia un problema dipendere quasi esclusivamente dal finanziamento provinciale, che dunque debbano aumentare i fondi esterni, e che possano esserci collaborazioni più intense con enti di ricerca come Eurac e Laimburg».

E i punti forti della Lub?

«Essere diventata in pochi anni una università di riferimento, come confermato dal quarto posto ottenuto tra le università non statali nel ranking del Sole24Ore, con elementi di competitività rispetto a molte università statali, avere un numero di studenti rilevante, che può migliorare, essere un ateneo trilingue. Quest’ultimo è un aspetto sicuramente rilevante per la nostra attrattività, ma non deve diventare un dogma».

Cosa intende?

«Offrire alcuni master e lauree magistrali solo in inglese può rivelarsi una eccezionale opportunità di attrarre studenti dall’Asia e dall’Africa».

Prima accennava infatti all’obiettivo di aumentare il numero degli studenti.

«Ad esempio siamo troppo poco attrattivi per gli studenti di Austria e Germania. Dobbiamo “catturare” più giovani dell’area germanica e convincere più sudtirolesi a restare qui, invece di andare a studiare a Vienna e Innsbruck. Sono realtà con una eccellente tradizione universitaria a tasse zero, ciò è fuori di discussione, e la Lub non può moltiplicare le facoltà, ma qualcosa si può fare, ad esempio sul fronte delle agevolazioni e di una migliore offerta».

Ha annunciato che punterà sulla ricerca.

«La ricerca è un aspetto essenziale per fare una buona didattica. In più la ricerca rappresenta un motore per l’economia. La ricerca contribuisce a smuovere un territorio».

Come pensa di agire?

«Con contatti diretti con il territorio, promuovendo progetti di ricerca con il mondo dell’economia. A Trento dà buoni risultati la legge provinciale per la ricerca industriale. Bolzano ha una legge analoga, ma la mia impressione è che l’intervento non sia altrettanto efficace. Conto di parlarne con la Provincia».

Intanto già lunedì ha partecipato alla assemblea di Assoimprenditori. A caccia di finanziamenti?

«Ho avuto già quattro incontri con gli imprenditori locali nei mesi dopo la mia nomina, in cui sono venuto a Bolzano un giorno alla settimana. C’è già un filo diretto. Direi un feeling. Li trovo molto attivi e orientati alla innovazione, unica chance per la competitività».

In autunno una parte della Lub traslocherà al Parco tecnologico.

«Una grande scommessa. Mostra una lungimiranza della Provincia nell’individuare i problemi e studiare le soluzioni. Parlo di scommessa, perché il successo non è garantito. Per la Lub e la Laimburg non si tratta solo di insediarsi con felicità in nuovi locali, di perfetta architettura. Il Parco tecnologico avrà senso, se ci sarà una buona interazione tra noi, le imprese e l’Idm e tutto ciò produrrà qualcosa che finora non c’è stato».

Non rinuncerà all’insegnamento.

«No, terrò una attività didattica, ridotta, con i dottorandi».

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