Madre disperata: «Lasciatemi mio figlio»

La donna vive in una casa protetta dopo essere stata maltrattata: «Il mio appello è ai servizi sociali»



BOLZANO. «Non so più cosa fare. Non so più come far capire ai servizi sociali che sono una brava madre: sono vittima di maltrattamenti, sono stata male, mio figlio ha paura di incontrare suo padre. Viviamo nascosti in una casa protetta. Sono stata forte e mi sono rialzata. Eppure, per i servizi sociali, dovrebbero essere altri ad occuparsi del mio bambino». A parlare è una giovane altoatesina, madre di un bimbo di cinque anni. Da quando ha trovato il coraggio di lasciare il marito violento, la sua vita si è trasformata in un incubo. In un primo momento, infatti, i servizi sociali le avevano tolto l’affidamento (assegnandolo all’ex compagno), perché in passato aveva sofferto di anoressia. Questo succedeva un anno fa. Ma lei non ha mai mollato: ha dimostrato di stare bene, con tanto di perizie psichiatriche.

Non solo: è riuscita a dimostrare di essere perseguitata dall’ex e di essere stata vittima di maltrattamenti. Come se non bastasse, gli inquirenti erano riusciti a dimostrare che anche il bambino era stato picchiato ripetutamente. «La Procura ha aperto due procedimenti - racconta la donna, assistita dagli avvocati Nicola Nettis e Ulla Sabatini -. Per prima cosa, hanno vietato al mio ex di avvicinarsi a me. Poi hanno ordinato di togliergli l’affidamento e di restituirmi mio figlio, visto che è un uomo violento. Ed infine: sono stata accolta in una casa protetta per donne». La giovane madre, dunque, felice di riavere il proprio bambino, ha iniziato a cercarsi un lavoro, riprendendo in mano la propria vita. Poi l’ennesimo duro colpo: «Il mio ex ha ottenuto il diritto di vedere suo figlio. E i servizi sociali organizzano delle visite protette. In parole povere: il bambino non viene mai lasciato solo con lui. È sempre presente una psicologa o un’assistente sociale». Ma il piccolo, che oggi ha cinque anni, ogni volta che si avvicina il momento di incontrare il padre, inizia a piangere, ha sfoghi sulla pelle e lamenta dolori all’addome. «In un caso - spiega l’altoatesina - ho dovuto portarlo in ospedale. L’ho fatto visitare e i medici non hanno avuto dubbi: mi hanno spiegato che ha paura di vedere il padre». Ma quel giorno i servizi sociali avrebbero interpretato male l’accaduto: «Mi hanno accusato di essere poco collaborativa e hanno chiesto al tribunale dei Minorenni di affidare mio figlio ad altri. Non capisco più il mondo. Ho sempre seguito le loro direttive, ho fatto tutto quello che mi hanno chiesto. Sono senza parole». Presto si terrà l’udienza in tribunale. Saranno i giudici ad avere l’ultima parola.(s.p.)

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