Neve, inverno eccezionale: caduti due metri e mezzo 

Valori record come non si registravano da 35 anni, specie sulla cresta di confine In alta val Venosta pericolo valanghe al grado 5. Protezione civile in preallarme


di Davide Pasquali


BOLZANO. Un inverno di nevicate eccezionali, specie sulle cresta di confine, in particolare nel nord ovest della provincia, in alta Venosta, dove si stanno registrando record di accumuli nevosi come non si vedevano da trentacinque anni. In alcune stazioni di rilevamento dell’ufficio idrografico della Provincia la neve al suolo ha superato o sfiorato addirittura i due metri e mezzo. Ma anche nel sud dell’Alto Adige ha nevicato e continua a farlo: soltanto a Bolzano città quest’inverno ha già nevicato sette volte. E intanto, il pericolo valanghe schizza verso l’alto, raggiungendo in val di Roja e in Vallelunga addirittura il grado 5, ossia il massimo possibile. Tanto da far scattare la protezione civile a livello “Bravo”, il terzo su quattro, a poco dall’emergenza.

Turisti ancora bloccati in val Senales per la chiusura preventiva della strada provocata dal pericolo slavine (il servizio è a pag. 31). Molti turisti bloccati anche in Vallelunga. Valanga in val Chedul, in val Badia, con scialpinisti sopravvissuti. Valanga in val Ridanna. Fra domenica e lunedì la situazione era questa.

Come chiarisce il meteorologo Dieter Peterlin, del servizio idrografico provinciale, domenica mattina si è verificata la settima seppur lieve nevicata dell'inverno a Bolzano, la sesta a Merano, la decima e oltre a Bressanone, a Brunico e a Vipiteno. Sabato nevicava fino in fondovalle. La Venosta, solitamente molto secca, registra 25 centimetri di neve in fondovalle. Anche in alta val d’Isarco e in valle Aurina se ne contano da 25 a 30. Nelle montagne del nord ovest, tra Resia e la val Ridanna sono caduti da 40 a 50 centimetri di neve fresca, con grande pericolo valanghe, grado 4. Per neve e pericolo valanghe domenica sono state chiuse diverse strade come passo Resia sul versante nord tirolese, Vallelunga, val di Roja, val Senales da Certosa in su.

E poi ancora neve neve neve, a Melago in Vallelunga, nella notte su domenica sono caduti 53 centimetri e durante il giorno ha proseguito a fioccare.

Dopo la neve è arrivato il Föhn, forte, particolarmente in Venosta e in alta val d'Isarco.

E il vento, si sa, è il vero costruttore delle valanghe.

Al campo di misura di Ladurnes, a soli 1970 metri di quota, in val di Fleres, si sono superati i due metri di neve.

Intanto ieri è giunto un fronte caldo nel nord dell'Alto Adige, e ha nevicato ancora, specie nel pomeriggio-sera.

Come già in Svizzera, anche il servizio valanghe nord tirolese ha portato il pericolo valanghe al massimo, grado 5.

Nella notte su lunedì si sono registrate nevicate pesanti, soprattutto sulla cresta di confine. La zona più colpita? L'alta val Venosta, dove già ieri mattina si contavano ulteriori trenta centimetri di neve fresca.

E in quota intanto fioccano i record: in alta Venosta, tra Roja e Vallelunga, prosegue Peterlin, c'è così tanta neve che non la si era mai vista. Per lo meno non dall'avvio delle rilevazioni scientifiche a tappeto in quota da parte della Provincia, nel 1981. Finora il record risaliva al 15 febbraio 1990, ossia a 28 anni fa. Ora come ora, alla stazione di rilevamento a Roja di fuori, a 1.833 metri di altitudine, al suolo si è registrata la presenza di 190 centimetri di neve.

Intanto, ieri mattina, il bollettino valanghe altoatesino ha portato a 5 il grado di pericolo, molto forte, nel nord ovest della Provincia. Nel pomeriggio è poi ridisceso a 4, forte. Sul resto della cresta di confine, il pericolo rimane a 4 su tutti i versanti. Nel resto della provincia, in quota non scende mai, da nessuna parte, sotto il grado 3, marcato.

Al contempo, ieri in tarda mattinata l'agenzia provinciale per la protezione civile, come si dice in gergo, ha stabilito di salire al terzo di quattro livelli di pericolo, quello arancione, detto Bravo. Si è in pre-allarme, pronti alla mobilitazione generale in caso di allarme vero e proprio (Charlie, il rosso).

Insomma, dopo due inverni molto secchi, specie il 2016-17, con precipitazioni nevose scarse e molto tardive, quest’anno la rotta si è invertita. È troppo presto, però, per affermare che potranno esserci degli effetti positivi dal punto di vista ambientale. Come chiarisce Peterlin, occorrerà attendere la fine dell’inverno e poi i primi mesi della primavera. Per sapere quali saranno le temperature medie e quante le piogge cadute. Solo allora si potrà capire esattamente se queste nevicate copiose potranno in qualche modo aiutare una situazione dei ghiacciai nostrani al limite del collasso.

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