Paolo Cappadozzi: «La montagna senza lo sci non vivrebbe»
Commercialista e impiantista. «Tecnologie di ultima generazione ci consentono di “nevificare” con temperature più alte che in passato E comunque a primavera la neve si scioglie e ritorna al ciclo dell’acqua»
BOLZANO. «Invece di mettere in discussione il modello turistico invernale; invece di volere per forza dimostrare che è un’industria senza futuro ed insostenibile (indimostrabile allo stato attuale), si dovrebbe autorizzare l’incremento delle riserve d’acqua per la nevificazione, che avviene, come noto, soprattutto di notte e a novembre-inizio dicembre, quando la richiesta di acqua ed energia è ridotta». Paolo Cappadozzi, dottore commercialista gardenese con studio a Bolzano, già vicepresidente dell’Associazione nazionale esercenti funiviari e per lunghi anni presidente del Consorzio impiantisti Val Gardena -Alpe di Siusi, replica al climatologo Luca Mercalli che, nell’edizione di domenica dell’Alto Adige, ha esortato - davanti alla scarsità di precipitazioni associata all’innalzamento delle temperature dovuto al cambiamento climatico - a rivedere, tra le altre cose, il modello di turismo basato sullo sci.
Non è la prima volta che lei polemizza con Mercalli.
Assolutamente no. E comunque è sempre stimolante leggere qualcosa di Mercalli. Nonostante siano lustri che vaticina la “fine” dello sci e scriva di alternative invernali allo sport della neve, mi pare che abbia iniziato a comprendere che di sci noi viviamo, lui ne disquisisce.
Nessuno mette in dubbio l’importanza dell’industria turistica legata a doppio filo allo sci, però non si può neppure negare l’evidenza: questo è il secondo anno consecutivo caratterizzato da scarse precipitazioni e temperature più alte della media di 1,5 -2 gradi.
Per quanto riguarda le scarse precipitazioni non è una cosa così eccezionale. Sono un appassionato di meteorologia - tanto che quando andrò in pensione ho intenzione di iscrivermi ad un corso di specializzazione a Trento - e quindi mi piace fare raffronti anche con quello che avveniva in passato. Ad anni particolarmente ricchi di precipitazioni, ne sono seguiti altri siccitosi. Senza andare lontani: gli inverni 2019-2020 e 2020-2021 sono stati caratterizzati da piogge e nevicate abbondanti. Neppure l’innalzamento delle temperature deve preoccuparci particolarmente: con le nuove tecnologie siamo in grado di affrontare anche questo problema.
Producendo montagne di neve artificiale grazie a gigantesche batterie di cannoni.
Produrre neve artificiale con i cannoni è un tipo di espressione che non mi piace.
E quindi cosa bisogna dire?
Nevificare.
Un nuovo verbo coniato da lei?
Ero a Trento in una grande quanto famosa cantina ed ho pensato che come si vinifica, in montagna si nevifica.
Cambiamo verbo, ma la sostanza è la stessa: in tempi di scarsità d’acqua si discute sull’opportunità di creare bacini da usare per innevare le piste.
Sono stupidaggini. Non consumiamo acqua, la preleviamo primariamente dai bacini e dai serbatoi. La nevificazione di base si effettua a novembre, quando il consumo idrico nelle vallate è al minimo annuale per la chiusura delle strutture alberghiere e l’assenza di turisti. In primavera la neve si scioglie e ritorna al ciclo dell’acqua. Non utilizziamo agenti chimici, usiamo acqua e aria, non preleviamo acqua dal ciclo dell’acqua potabile.
Per “nevificare” però si usa energia; quest’anno ci saranno problemi anche con le centrali, se non si riempiono gli invasi.
Rispetto a 20-30 anni fa quando si è iniziato, è cambiato il mondo grazie alle tecnologie. Prima per nevificare, bisognava che la temperatura scendesse a -5 o -6 gradi. Adesso 0 gradi sono sufficienti; si potrebbe arrivare anche a +2 e non si usano additivi. Inoltre, si è visto che per avere piste perfette, basta meno neve rispetto al passato.
E questo come si spiega?
Abbiamo gatti della neve che sono un concentrato di tecnologia. Lavorano agganciati al satellite che fornisce al gattista una mappa precisa, centimetro per centimetro, dello spessore della neve. Per cui, semmai, si aggiunge solo dove manca.
Da più parti però si parla di “accanimento terapeutico”; realisticamente, come suggerisce Mercalli, non sarebbe meglio iniziare a pensare a qualcosa di diverso per la stagione invernale che non sia legato alla neve?
La risposta è no, per il semplice motivo che non c’è turismo invernale senza neve. I turisti vengono in vacanza in Alto Adige per sciare. Altrimenti vanno altrove. E di questo devono preoccuparsi tutti, non solo gli operatori turistici.
In che senso scusi?
Nel senso che la montagna altoatesina si spopolerebbe senza turismo invernale.