Pedofilia: su don Carli ora è scontro frontale

Don Gigi Carfagnini su facebook svela il nome della vittima e l'attacca. Lanzinger: "Gravissimo, lo denunciamo"


di Riccardo Valletti


BOLZANO. Risentimento, rabbia, insofferenza. Con queste parole si possono descrivere le poche righe con cui don Gigi Carfagnini, parroco della chiesa di Firmian, ha reagito alla sentenza di condanna in solido di Curia e Parrocchia al risarcimento di 700 mila euro alla vittima di don Giorgio Carli.

Un post su Facebook di inaudita veemenza, fatto ancor più raro e grave considerando che a scriverlo è stato un sacerdote, che parla di una sentenza inaccettabile (la definisce una “pagliacciata”), e di una condanna di don Giorgio “senza testimoni” e col solo resoconto di una ragazza, la vittima, con “evidenti segni di instabilità psichica”. Il prete ne cita addirittura il cognome, che negli ultimi dieci anni era sempre rimasto protetto dal segreto e dalla legge sulla privacy. «Tutti nel quartiere sanno che a violentarla è stato (nostro omissis)». In pochi minuti il post è rimbalzato su tutti i social network, fino a quando qualcuno lo ha rilanciato sul sito del nostro giornale (dove era in corso una battaglia tra colpevolisti e innocentisti), da dove è stato presto rimosso con evidente imbarazzo. Ma quella «finestra» è bastata a scatenare chiamate e mail di protesta al nostro giornale.

Don Gigi conferma tutto. Raggiunto al telefono mentre era in gita con i ragazzi del gruppo estivo del Corpus Domini, don Carfagnini parla di “uno sfogo personale”, ma non smentisce nulla di quanto scritto.

«Questa vicenda è scandalosa per tanti versi: prima di tutto per la condanna di don Giorgio, quando tutto il quartiere sapeva cosa era veramente successo a quella ragazzina; non è una questione di solidarietà tra preti, sono centinaia le persone che la pensano come me, quella ragazza aveva problemi mentali, eppure è bastata la sua versione dei fatti per condannare don Giorgio». Poi il risarcimento in solido, «è una vergogna, il Tribunale vuole punire la diocesi praticamente accusandola di aver insabbiato il caso, come se fossimo tutti conniventi; intorno a questa storia si è creata un'atmosfera insopportabile».

«Chiesa presa di mira». E c'è pure una questione di forma, «trattano la chiesa come se fosse una ditta, come se un suo dipendente avesse fatto un sbaglio per cui paga l'amministratore delegato; intanto quando lo hanno interrogato, il vescovo Egger aveva chiarito che non ne sapeva niente».

Denuncia in arrivo. Sul post nessuna marcia indietro, nemmeno quando gli si fa notare che il nome della vittima avrebbe dovuto essere tutelato. Su questo punto si pronuncia con poche ma chiare parole l'avvocato della vittima, Gianni Lanzinger: «È un fatto gravissimo, sbandierare il nome della mia assistita su facebook è stato come incitare la gente alla sua lapidazione, almeno morale; i responsabili di questa condotta ne dovranno rispondere in sede penale».

Due fazioni. E dopo anni di calma, i tizzoni sotto la cenere sono tornati a bruciare in un'ondata di commenti: da un lato la difesa, ancora granitica dopo più dieci anni, del prete accusato di pedofilia; sono i vecchi parrocchiani, quelli che lo hanno conosciuto e che hanno avuto modo di frequentarlo sia all’epoca dei fatti contestati in tribunale, che successivamente. Tutti, all'unisono, continuano a ripetere che è impossibile che “DonGi” abbia potuto commettere un simile abominio, e scaricano la loro rabbia a pioggia tra “malagiustizia” e “magistratura politicizzata”; «Avete rovinato la vita di un uomo e della sua famiglia – scrive Silvia Cappello – buttate m... su un uomo meraviglioso, fate schifo».

Dall'altro versante le pretese di giustizia di chi è stanco di sentir parlare del binomio preti-pedofilia, che plaude alla pena esemplare comminata a chi i preti è tenuto a controllarli e, in caso, denunciarli. «Per fortuna che c'è stata la denuncia – scrive Franco Ferrari – così è stato smascherato un altro pedofilo nascosto dietro una tonaca; le parrocchie non li denunciano, anzi li spostano da un'altra parte così possono continuare a fare del male». Le motivazioni della sentenza, d'altronde, sono chiare: la condanna al risarcimento della famiglia e della vittima arriva dopo la sentenza definitiva in Cassazione per don Carli, che venne giudicato colpevole di un reato ormai prescritto. Il vescovo e il parroco avrebbero dovuto vigilare sul suo operato quando era vicario a San Pio X con l'incarico per le attività giovanili. La diocesi, dal canto suo, ha risposto alla sentenza con un comunicato ufficiale in cui afferma di prendere atto della decisione del Tribunale, ma lamentando delusione e sorpresa per l'obbligo al risarcimento.

«Decisione incomprensibile – si legge nella nota – nonostante il vescovo Egger non fosse a conoscenza delle accuse mosse contro don Carli, e senza che nessuno sia stato né accusato né condannato». Parole chiare a cui i legali della vittima rispondono: «La sentenza è esecutiva».

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