Picchiava l’anziana che accudiva Condannata la badante moldava

A Lydia Cebotari sono stati inflitti 2 anni e mezzo di reclusione con rito abbreviato La difesa ha annunciato appello. Non raggiunto l’accordo per il risarcimento. Restano le cause civili


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Lydia Cebotari, la badante moldava di 55 anni , finita in carcere l’estate scorsa con l’accusa di aver maltrattato a ripetizione l’anziana donna bolzanina che doveva curare ed assistere, è stata condannata ieri pomeriggio - con rito abbreviato - a due anni e mezzo di reclusione. La giudice Silvia Monaco non ha riconosciuto l’attenuante del danno risarcito in quanto l’offerta risarcitoria avanzata dall’avvocato difensore Giancarlo Massari è stata ritenuta insufficiente. La donna moldava ha dunque potuto godere solamente dello sconto di pena di un terzo previsto dal rito alternativo. A carico della badante straniera (che ora convive con un compagno bolzanino) gli elementi d’accusa non permettevano grosse possibilità difensive. Furono le immagini delle telecamere spia inserite nella casa dell’anziana dalla Squadra Mobile a documentare in maniera indiscutibile la violenza (con elementi anche di crudeltà) con cui l’anziana bolzanina (non più lucida mentalmente) veniva trattata. Fu un’indagine perfetta della polizia a conclusione della quale la badante venne arrestata. L’avvocato difensore Giancarlo Massari contava però di riuscire a contenere la condanna entro il limite della condizionale , cioè due anni di reclusione (per evitare che l’imputata debba chiedere di essere affidata ai servizi sociali in prova per non tornare in carcere). In realtà il mancato accordo con l’amministratore di sostegno che rappresenta la parte lesa, ha fatto saltare un possibile accordo che avrebbe potuto chiudere anche i contenziosi avviati in sede civile. Lydia Cebotari è stata infatti citata in giudizio anche davanti al tribunale civile per una serie di presunti ammanchi in denaro. In altre parole la badante è accusata di essersi impossessata anche di alcune somme di denaro. per questo proprio il giudice civile ha disposto il sequestro conservativo di 14.400 euro che la moldava aveva sul proprio conto personale alla Cassa di Risparmio. Davanti al giudice civile l’amministratore di sostegno della parte lesa ha chiesto un risarcimento complessivo di circa 50 mila euro. Come risposta la badante ha annunciato l’avvio di una causa di lavoro, lamentando la mancata corresponsione di ore di straordinario (lavorate ma non pagate) per circa 10 mila euro. Ieri pomeriggio davanti al giudice penale l’offerta risarcitoria portata in aula dall’avvocato Massari prevedeva la rinuncia da parte della badante sia dei 14.400 euro già sequestrati che delle rivendicazioni economiche per gli straordinari non pagati. L’offerta è stata però giudicata insufficiente (avrebbe dovuto essere aumentata di almeno 5 o 6 mila euro). Di conseguenza è saltato il riconoscimento dell’attenuante del danno risarcito e le cause civili restano in piedi.

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