Sapa in crisi: 70 operai in cassa integrazione

Mercato dell'alluminio in crisi: già soppresso un turno e da novembre a casa metà lavoratori


Orfeo Donatini


BOLZANO. Una nuova mazzata sta per abbattersi sui livelli occupazionali di Bolzano: da novembre, a causa della crisi del settore alluminio, più di metà dei dipendenti della Sapa saranno infatti messi in cassa integrazione. Nell'azienda di via Altmann la preoccupazione per l'andamento dell'attività produttiva che inevitabilmente risente della crisi globale del comparto dell'alluminio, è assai alta ormai da settimane. Una decina di lavoratori sono già per altro in cassa integrazione straordinaria, ma ora si profila a partire dai primi di novembre un ben più massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali. Alla luce del crollo dei mercati nazionali ed internazionali dell'alluminio infatti l'azienda sarebbe intenzionata a mettere in cassa integrazione oltre il 50 per cento dei propri dipendenti: qualcosa come 70 operai. «Siamo molto preoccupati sottolineano i sindacati confederali dei metalmeccanici - perché le notizie che trapelano parlano di un nuovo ricorso alla cassa integrazione piuttosto pesante in relazione agli andamenti negativi dei mercati. Attendiamo a giorni di poterci confrontare con la direzione aziendale per avere un quadro più dettagliato e certo e poi faremo le assemblee con le maestranze. Si tratta in ogni caso della dimostrazione palese che la crisi si fa ancora sentire e pesantemente mettendo in difficoltà decine di famiglie». Il gruppo "Sapa Building System" può contare su tre stabilimenti in Italia: uno a Bolzano con un livello occupazionale di 125 unità, più alcuni contratti precari; uno a Fossanova in provincia di Latina con 230 lavoratori per i quali si sta per varare un piano di mobilità almeno per 15 unità ed uno a Feltre con 150 dipendenti dove pure verrà chiesto il ricorso alla cassa integrazione anche se non è stato ancora ufficializzato il numero dei lavoratori interessati. E per Bolzano il "caso Sapa" viene ad aggiungersi alla cassa integrazione che riguarda 126 operai delle Acciaierie Valbruna che proseguirà fino al 26 novembre, data nella quale poi il reparto forni dovrebbe essere riaperto anche se ancora non si sa con quale tipo di organizzazione - se su due o tre turni ad esempio - con tutti i problemi ambientali che deriverebbero dalle lavorazioni notturne. «E' per questo che come sindacato - sottolineano i metalmeccanici - abbiamo sollecitato un incontro urgente con la Provincia per definire le prospettive dell'azienda a lungo termine». Una situazione preoccupante dunque anche perché, a ricaduta, si registreranno ripercussioni su tutto l'indotto e sulla rete delle migliaia di piccole e medie imprese che certo per un verso hanno dimostrato di reggere meglio ai venti di crisi, ma sono per altro verso anche le più esposte quando si tratta di dover resistere a lungo a restrizioni produttive e soprattutto finanziarie.

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