BOLZANO. Il capoluogo altoatesino è la città più cara d'Italia. Fino a qui la notizia non sorprende più di tanto, anzi, era anche piuttosto attesa. Più una conferma che altro. Quel che stimola di più l'attenzione, però, è la grande oscillazione che si può trovare nei prezzi di alcuni prodotti su un territorio ristretto come quello comunale. A metterla in luce è la tradizionale statistiche dell'Osservatorio Prezzi dell'istituto di statistica provinciale Astat. In un elenco dettagliato, infatti, viene proposto un paniere di massima con prezzo massimo, minimo, il prezzo medio più venduto e il rapporto tra massimo e minimo. Quest'ultimo è il valore essenziale per capire quanto possa cambiare un prezzo da un negozio all'altro. Prendiamo il caffè tostato che ha un rapporto pari a 10, frutto di un prezzo massimo fissato a 8,50 e un minimo a 0,85. Variano molto anche le bevande gassate che vanno da 0,35 euro a 2,80 con un rapporto di 8. Anche prodotti che sono specifici della grande distribuzione sono sottoposti ad oscillazione sensibile. Le patate, per esempio hanno come estremi un minimo di 0,37 e un massimo di 2,80 euro con una variazione di 7,57. Stesso discorso per l'acqua minerale (minima a 0,14, massima a 0,85), l'olio extra vergine di oliva (minimo 2,69, massimo 13,20), lo speck (7,79-24,50), il prosciutto cotto (7,98-25,90) e il grana padano (8,99-26,90).

A fronte di un campo vastissimo di prezzi, però, ci sono anche settori dove la variazione non è così sensibile. A sorpresa, per esempio tutto il comparto dei servizi ricettivi e di ristorazione, per esempio, rimane dentro un range di oscillazione tra l'1,09 e l'1.39. Fuor di statistica significa che il pasto al ristorante o in pizzeria, il caffè espresso al bar, il bicchiere di vino a tavola, la birra e il cappuccino al bar, variano molto meno rispetto a quello che si pensa. (a.c.)

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