Tasse non pagate, tolta maxi-multa alla prostituta

La commissione tributaria di primo grado sottolinea che mancano norme certe che disciplinino il meretricio. Il reddito di chi vende sesso è però riconosciuto


di Mario Bertoldi


BOLZANO. I redditi da prostituzione sono soggetti a tassazione ma sotto il profilo tributario non esiste alcuna norma che (direttamente o indirettamente) disciplini il settore delle prestazioni sessuali a pagamento, pertanto le sanzioni amministrative inflitte per mancata dichiarazione dei redditi vanno annullate. E’ quanto ha deciso, con sentenza depositata il 9 febbraio scorso, la commissione tributaria di primo grado di Bolzano (presidente Christian Meyer, relatore Kurt Pichler). Che la situazione sia risultata complessa è dimostrato anche dal fatto che la commissione ha anche disposto la compensazione delle spese tra le parti. Al centro del contenzioso vi era un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate relativo all’anno 2007 per l’attività di prostituzione esercita a Bolzano da un trans, abituato a proporsi ai clienti sotto lo pseudonimo di «Lady Pantera». Fu una verifica della Guardia di Finanza a sollevare una prima contestazione riguardante l’anno 2007 per il quale il trans fu accusato di aver omesso di dichiarare al fisco compensi per 98.470,80 euro. A «Lady Pantera» (a cui il fisco attribuì d’ufficio codice attività e partita Iva) venne contestato il mancato versamento dell’Iva e delle imposte. In tutto 60 mila euro che il trans (difeso dall’avvocato Alessio Tranfa di Roma) non ha pagato promuovendo ricorso alla Commissione tributaria di primo grado. Altrettanto è accaduto per i cinque anni successivi. In questo caso, però i ricorsi sono ancora pendenti. Nella sentenza riguardante il 2007, i giudici hanno però già stabilito alcune linee guida a cui probabilmente si atterranno anche per gli anni successivi. In sentenza la commissione tributaria di primo grado dichiara infondata la tesi della difesa secondo la quale l’incasso di una prostituta non può essere considerato «provento da lavoro autonomo o dipendente» ma risarcimento del danno provocato dalla «lesione della dignità della persona che esercita il meretricio». Un’impostazione non condivisa dai giudici che in sentenza sottolineano che «la prostituzione costituisce una prestazione di servizi retribuita» e quindi debba essere assoggettata alle norme impositive fiscali vigenti non solo sotto il profilo dell’Irpef ma anche in relazione a Iva e Irap. Di qui la decisione della commissione tributaria di primo grado di Bolzano di confermare il debito di «Lady Pantera» nei confronti dell’erario per 60 mila euro (solo anno 2007). Trattandosi però di una attività al confine tra legalità e contrarietà al buon costume, i giudici rilevano in sentenza che non esiste alcuna norma sotto il profilo tributario che possa essere richiamata per legittimare le sanzioni amministrative (che nel caso in questione erano state quantificate in 75 mila euro). Tasse da pagare, dunque, ma sanzione annullata. Sia «Lady Pantera» che l’agenzia delle Entrate hanno imputato la sentenza.

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