il racconto/L’estratto 

temeva per la sua vita picchiato ed umiliato 

Micheal temeva per la sua vita. Quella sensazione durò solo un istante, ma fu lunga come un viaggio verso l'inferno. Sentiva un piede che lo bloccava, la sua guancia era premuta a terra e avvertiva...



Micheal temeva per la sua vita. Quella sensazione durò solo un istante, ma fu lunga come un viaggio verso l'inferno. Sentiva un piede che lo bloccava, la sua guancia era premuta a terra e avvertiva il freddo del pavimento. Qualcuno lo aveva appena preso a calci e quel qualcuno aveva un nome: Steve.

Provava dolore e gli sembrava di non sentire più nulla. Era indolenzito ma peggio ancora si sentiva umiliato.

Steve trattava in quel modo qualsiasi ragazzino che fosse indifeso e più piccolo di lui. E i suoi due amici, Derek e Ryan, facevano tutto quello che lui ordinava.

“Prendigli la merenda, Ryan.” ordinò Steve aggiustandosi il berretto da baseball sulla fronte.

Il ragazzo, seppur controvoglia, s'inchinò e, titubante, rovistò nello zainetto del ragazzino. Afferrò il panino, poi, alzando lo sguardo verso Steve disse: “Non pensi che possa bastare?”

“Prendi la merenda e stai zitto.”

Ryan annuì a malincuore e senza dire più nulla ubbidì.

“Ne hai avuto abbastanza, piccolo moccioso?” chiese Steve con arroganza.

Micheal, dolorante, tentò di dire qualcosa ma il bullo non gli diede il tempo di rispondere. Lo afferrò per la camicia sollevandolo di peso.

“Lo prendo come un no...” se lo caricò sulla spalla e lo lanciò nel primo armadietto disponibile.

Si udì il rumore di uno schianto, subito seguito da un forte lamento. Steve sghignazzava divertito, mentre Derek e Ryan lo imitavano forzatamente.

Micheal si ritrovò ingabbiato al buio. Temette di restare a lungo in quel piccolo e soffocante posto. Non appena i suoi occhi si furono abituati al buio, vide una flebile luce filtrare dalle fessure. Si sentì il cuore in gola ma non osò muoversi. All'esterno sentiva le voci divertite dei bulli: ora se la stavano prendendo con Paul, il suo migliore amico.

Avrebbe dovuto intervenire, lo sapeva bene, ma la paura lo trattenne e vigliaccamente restò immobile come uno spettatore.

Fu in quell'istante che dal ripiano superiore rotolò giù una penna.

La penna rotolò ai piedi di Micheal. In quel buio, cercò di capire cosa fosse caduto. Cercò a tastoni e non fu un'impresa facile, perché l'armadietto era stretto e angusto. Toccandone la forma si rese conto che aveva azionato il cilindro che metteva in funzione il meccanismo tipico delle penne biro.

Clic! Clic!

Nel mentre, in corridoio, i bulli continuavano a prendersela con Paul. Finalmente sentì la voce di un professore che acquietò la situazione. Gli alunni tornarono lentamente nelle classi e alla voce del primo insegnante si sovrappose quella della professoressa di matematica. Micheal sbirciando da una fessura notò che i due insegnanti erano rimasti fermi in corridoio.

“Questi bulli,” si lamentò la professoressa, “non la smetteranno mai.”

“Non è facile per Steve,” commentò il professore, “oggi è un giorno particolare per lui.”

“Un giorno particolare?”

“Sì, oggi è l'anniversario di morte del fratello maggiore. E' morto sette anni fa, la sua bicicletta era tutta accartocciata e lui era in mezzo... è stato proprio un brutto incidente e ancora oggi se ne parla. Quell'evento ha stravolto la vita di Steve.”

“Lo capisco,” rispose la professoressa, “tuttavia questo non gli dà il diritto di agire in questo modo!”

Micheal era incredulo e allo stesso tempo sbalordito. Che qualcosa fosse riuscito a ferire Steve gli sembrava quasi impossibile. Non aveva mai pensato a lui come a un essere umano, piuttosto come a una spietata macchina. Fece un rapido calcolo, sette anni fa da quel giorno era... il 25.09.2012.

Clic! Si appuntò quella data sul dorso della mano, come se potesse servirgli a qualcosa. Clic! Nell'istante in cui la punta tornò nel cilindro, fu colto da nausea, brividi improvvisi e forti giramenti di testa. Gli parve di cadere per alcuni metri, ma si rese subito conto che probabilmente era solo frutto della sua immaginazione. Con un calcio tentò di spalancare l'armadietto, piegandone l'anta, ma la porta rimase chiusa. All'esterno udiva un forte vociare. “Ma non erano appena entrati in classe?” pensò fra sé e sé.

Finalmente qualcuno aprì la porta dell'armadietto. Si ritrovò davanti un bambino piccolo, forse di prima elementare.

“Ma chi...” il bambino sembrava avere le idee confuse, “cosa ci fai nel mio armadietto?”

Micheal notò che il volto del bambino gli pareva famigliare e quando vide come sbatteva gli occhi, un tic che il suo amico Paul aveva fin dall'asilo, si rese conto che era identico al suo amico, soltanto molto più giovane.

“Stavo...” Micheal tentò di dare una risposta sensata, poi però chiese: “Ma sei Paul?”

“Sì, ma come fai a sapere il mio nome?”

Micheal si guardò in giro e notò che il corridoio era sempre quello, tuttavia i bambini giravano tutti con lo stesso grembiule e nel presente, nel suo presente, la divisa era stata abolita anche nella scuola elementare. Colto da un conato di vomito si fece largo tra la folla per raggiungere il bagno. Passando notò la sua classe: erano tutti piccoli.

Il racconto esce oggi online sul sito della rivista Pink Magazine Italia. pinkmagitalia.com













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