Terapia del movimento, un aiuto contro i tumori

Ottima collaborazione col reparto di Ginecologia diretto dal primario Heidegger La responsabile Vecellio: «Qui siamo partiti nel 2011, primi a livello italiano»


di Robert Tosin


MERANO. Il movimento è una terapia. Di più: è una vera e propria medicina che non ha effetti collaterali. E se da tempo ormai si sa che lo sport fa bene, meno risaputo è che porta ad effetti positivi pure nella prevenzione o nel recupero del paziente oncologico. Una scoperta non da poco, se si tiene conto che fino a una ventina d’anni fa al malato di tumore veniva prescritto il riposo più assoluto. Su questa strada - primo in Italia - si è avventurato l’ospedale Tappeiner che ora può vantare un’assoluta eccellenza come la “Terapia del movimento”. In riva al Passirio da tempo arrivano a curiosare altri medici, altri ospedali, la stampa scientifica: i risultati ottenuti in questo campo sono tangibili e misurabili. Ora la terapia del movimento si fa anche alla clinica Bonvicini di Bolzano, ma la stessa Azienda sanitaria sta pensando ad una maggiore diffusione del progetto e, soprattutto, a una maggiore informazione tra la popolazione e tra i malati.

Promotrice di questo nuovo modo di affrontare la malattia - e di prevenirla - è Valentina Vecellio, la quale ha trovato ottima sponda e massima collaborazione nel primario di Ginecologia e ostetricia Herbert Heidegger. Vecellio - istruttrice in varie discipline del fitness e certificata in "Onkologische Trainings- und Bewegungstherapie OTT", terapia dell’allenamento e movimento in oncologia, al Centro di Oncologia integrata della Clinica universitaria di Colonia - ha valorizzato così i suoi studi in Germania dove la terapia del movimento ha una tradizione e una base scientifica e documentale di prim’ordine. «La terapia del movimento - dice - a Merano nasce nel centro senologico nel 2011 dopo un paio d’anni in cui il progetto viene valutato. Come primo focus c’era il tumore al seno, ma i benefici sono riscontrabili anche nei tumori alla prostata e al colon retto. Essa crea un ponte tra ospedalizzazione e offerta sportiva sul territorio per reintegrare i pazienti nella quotidianità ed ha un valore verificato sia sulla prevenzione in generale sia sulla protezione contro le ricadute per i malati cronici».

«Attività motoria e sport - chiarisce il dottor Herbert Heidegger - rappresentano un valido fattore protettivo contro l’insorgenza delle malattie tumorali (con una diminuzione del rischio del 30-40%), dall’altra favoriscono la prognosi delle stesse (del 40-50% nel tumore al seno e del 40% nel tumore al colon retto). Ecco che sport e attività motoria possono essere ritenuti a ragione un vero e proprio farmaco».

Ma in cosa consiste esattamente questa terapia? Come tale, viene prescritta dal medico specialista: la somministrazione ai pazienti, infatti, risponde a criteri personalizzati, perché il dosaggio è fondamentale. Da qui si passa alla pratica: ci si ritrova in gruppo ad eseguire gli esercizi assegnati sotto la guida dell’istruttrice. «I nostri corsi sono sempre pieni - spiega Valentina Vecellio - e sarebbe bello arrivare a proporne in numero maggiore. Al di là degli esercizi che si fanno, c’è l’incontro di persone che hanno vissuto esperienze simili, che possono confrontarsi, si capiscono e si sostengono reciprocamente anche nella costanza, importante, del percorso terapico. Le donne imparano ad ascoltare il loro corpo, migliora l’autostima e tutto questo favorisce il percorso di guarigione».

«Ormai da qualche anno - dice il primario Herbert Heidegger - si parla di oncologia integrata, perché l’approccio alla malattia non è più solo quello dell’intervento chirurgico, ma entrano in gioco altre componenti. Il tumore colpisce tutta la persona, non solo il suo fisico. C’è il rischio dell’estraniazione, del rifiuto, della chiusura. Per cui è importante l’aspetto psicologico, quello dietistico e, non ultimo, anche quello dell’attività fisica».

La terapia è ad accesso gratuito (si paga solo il tesseramento Uisp) e va da settembre a giugno di ogni anno. «Al Tappeiner - aggiunge Valentina Vecellio - abbiamo trovato grande disponibilità: a fisioterapia ci hanno aperto subito le porte della palestra e poco dopo anche della piscina». Ora l’Azienda sanitaria altoatesina sta valutando il modo di “istituzionalizzare” e allargare sul territorio la terapia del movimento.













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