Tragedia sul Cho Oyu, morto l'alpinista Walter Nones

Lo hanno trovato i compagni, lui aveva deciso di tentare l'ascesa da solo èer raggiungere la vetta del Cho Oyu. L'alpinista di Selva Gardena aveva assistito alla tragedia di Karl Unterkircher sul Nanga Parbat


Mario Bertoldi


BOLZANO. Walter Nones non c’è più. Al pari di Karl Unterkircher, di cui fu compagno di cordata nella spedizione di due anni fa sul Nanga Parbat, la nota quida alpina, 39 anni, ha perso la vita sull’Himalaya, mentre scalava il Cho Oyu. A dare la notizia sono stati i due compagni di avventura gardenesi.

Le notizie sulla dinamica della disgrazia sono ancora scarse sia per le difficoltà di collegamento con il campo base, sia perchè al momento della tragedia Walter Nones era solo.

I due compagni di spedizione, Giovanni Macaluso (46 anni di Bressanone, istruttore nel centro carabinieri di Selva Gardena) e Manuel Nocker, 30 anni (maresciallo del reparto alpino dei carabinieri di Ortisei), erano stati costretti a rientrare al campo base avanzato a seguito di un malore legato alla quota.

Nones invece ha proseguito da solo. Ieri mattina i due compagni, ripresisi, hanno deciso di proseguire. Hanno seguito le tracce nella neve e hanno scoperto la tragedia scorgendo il corpo privo di vita di Nones in fondo ad un crepaccio. Quando è precipitato, l’alpinista trentino (che viveva da molti anni in val Gardena) aveva raggiunto quota 7 mila sul lato tibetano del massiccio. Con la disperazione nel cuore Macaluso e Nocker sono scesi nuovamente al campo base avanzato, a circa 6700 metri, e hanno avvisato l’ambasciata italiana. Dopodiché Macaluso ha avuto il compito di chiamare Manuela, la moglie di Walter, per darle la tragica notizia.

La donna vive con i due figli Erik e Patrick a Selva, presso il centro addestramento carabinieri. La spedizione dei tre alpinisti era iniziata il 6 settembre scorso da Monaco. Il rientro era previsto per il 20 ottobre. Era stato proprio Walter Nones a voler progettare un ritorno sulla catena dell’Himalaya dopo la tragedia di due anni fa sul Nanga Parbat. Aveva scelto il massicio del Cho Oyu (in italiano Dea Turchese) alto 8201 metri, situato al confine tra Cina e Nepal, a circa 20 chilometri dall’Everest.

Walter Nones stava tentando di aprire una nuova via per raggiungere la vetta lungo la difficile parete sud ovest affrontando un tratto di roccia che inizia tra i 7000 e i 7500 metri di altitudine. L’alpinista trentino ha trovato la morte proprio in questa fase, considerata la più difficile e la più rischiosa. E’ probabile che a tradirlo sia stata una lastra di ghiaccio che si è spaccata. Dopo la tragedia del Nanga Parbat, Walter Nones aveva ritrovato la voglia di rimettersi in gioco e di rivivere le emozioni di una grande spedizione. «Solo ora - aveva detto agli amici e ai famigliari - penso di avere la mente sufficientemente sgombra per affrontare una nuova spedizione». Anche negli ultimi messaggi lanciati via internet sino al giorno precedente la disgrazia, Walter (che assieme a Karl Unterkircher nel 2004 raggiunse la vetta del K2) era parso entusiasta della spedizione nonostante le difficoltà riscontrate soprattutto nell’organizzazione del campo base avanzato.

«Siamo sempre sereni e motivati» aveva scritto lo scorso primo ottobre dopo aver superato i problemi di acclimatamento aggiungendo: «Il nostro trio è affiatato e motivato, poi sarà la montagna che deciderà se potremo gioire della vetta o gioire semplicemente per un’avventura che porteremo comunque nel nostro cuore per tutta la vita».

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