Tram, il Pd suona la carica: votiamo sì, serve alla città 

La campagna per il referendum. Serata al Circolo di via Resia. Interviene anche l’ex city manager del Comune: «È molto meglio del bus: più ecologico, più puntuale e più economico»


Paolo Campostrini


Bolzano. Il tram? «Non è quel mezzo sferragliante e cigolante dell'immaginario novecentesco», esordisce Monica Bancaro. Anzi , proprio non fa rumore. «A Firenze, dove hanno scelto di metterci tre linee, devono dotarli di campanello. È per la sicurezza dei pedoni: altrimenti nessuno si accorge che arriva. Non lo sentono...» dice Carlo Bassetti. Sandro Repetto va di cifre: nelle città dove è stato installato l'uso dei mezzi pubblici è salito del 50%. A Firenze da un milione di utenti mensili a una decina di milioni due anni dopo. Col tram. Ma è Chiara Pasquali a provare a mettere la questione nella prospettiva di scenario nella serata organizzata al circolo di via Resia: «Gli oppositori, così leggo, continuano a estrapolare il tema tram dal contesto generale. Lo guardano “in sè”. Non è così che andrebbe fatto: il tram è dentro un processo di modernizzazione dell'intero sistema, è un tassello. Cui va aggiunto il bus, il treno, le ciclabili e tutto il resto». Poi parla Helmuth Moroder e allora si comprende la cornice entro cui il Pd ha iniziato a entrare nella campagna referendaria. Non solo sì o no, punto. Dice infatti l'ex city manager del Comune, esperto urbanista e oggi impegnato nella consulenza di piani traffico di grandi città: «Il tram non è solo un mezzo. Come il bus. È un salto di qualità». La ragione? «Più si sale col numero di utenti di mezzi pubblici, e questo è l'obiettivo di tutte le città civili, più è indispensabile. Ad esempio: serve un solo autista per almeno 300 passeggeri. Un bus ne ha bisogno di trenta di autisti. I bus possono aumentare di numero ma oltre non ce la fanno. Per questioni fisiche. E invece più aumenta il volume dei passeggeri più il tram risponde. È così in ogni città moderna che lo ha adottato. Il tram può triplicare e regge...».

Insomma, i dem provano a porre il confronto sul piano della tecnica. E delle modernità. Non è un caso, dicono, che tutte i centri, anche medio-piccoli che lo hanno adottato non potrebbero più tornare indietro. Si parla di quelli di oggi, non di ieri. Binari a filo, niente rumore, flusso continuo, tempi verificabili e sostenibili, comodità. «Come andare in freccia rossa e poi salire sugli autobus che curvano e prendono le buche... C'è differenza no?». Ma Chiara Pasquali insiste nella questione di scenario: «Non isoliamo il tram dal resto. Non è tram contro bus ma tram col bus. Il tram potrà andare fino a Caldaro e risolvere il problema dei pendolari. Come una metro. Ma non serve solo ai pendolari. Percorre la città in tempi certi, da via Druso alla stazione». Poi la questione politica: «Il 24 novembre dovremo rispondere sì o no. Un peccato - dice il segretario Alessandro Huber - un quesito così secco con un argomento così articolato. Ma dico subito: questo referendum vogliamo vincerlo. Perché il tram è inserito in una politica dei trasporti che farà di Bolzano città ancora più virtuosa. Dalle e-bike appena montate dal Comune alla rotaia di città. Ma la farà soprattutto moderna». Ed è sul confronto con gli altri centri che sono passati al tram 4.0 che i dem insistono: laddove è arrivato ha cambiato tutto, incrementando come nessun altro mezzo l'utenza pubblica. «Pensate - racconta Bassetti - che gli stessi quartieri fiorentini che non volevano le linee vicine, dopo aver visto la resa del mezzo, il fatto che fa meno rumore di una bici, hanno chiesto nuove fermate vicino. Sono sorti comitati...».

Così va il mondo.













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