cinque domande a elena ferrara 

«Tutto questo è dedicato a Carolina, 14 anni che non ce l’ha fatta a sopravvivere»

Elena Ferrara gira l’Italia per vedere come viene applicata la legge sul contrasto al cyberbullismo che porta la sua firma. Lasciato il Senato, è tornata al suo lavoro di insegnante. È in servizio...



Elena Ferrara gira l’Italia per vedere come viene applicata la legge sul contrasto al cyberbullismo che porta la sua firma. Lasciato il Senato, è tornata al suo lavoro di insegnante. È in servizio all’Ufficio scolastico regionale del Piemonte. La legge 71/2017 è dedicata alla sua ex allieva Carolina Picchio, suicida a 14 anni. A fianco degli esperti delle forze dell’ordine e della sovrintendenza scolastica (articolo a lato) Elena Ferrara ieri era al Teatro Rainerum per raccontare la legge e le tante sfumature di violenza digitale.

La legge è stata dedicata in aula a Carolina L’ha scritta pensando a lei?

Sono stata la sua insegnante di musica alle scuole medie di Oleggio (Novara). È morta nelle stesse ore in cui veniva decisa la mia candidatura. È stato un momento molto duro per me. Come insegnante c’è il peso di non avere capito. La legge nasce da una tragedia, l’abbiamo fatta per lei e tutte le vittime, per le famiglie che l’hanno voluta. Il padre di Carolina è stato un protagonista della legge.

Lei ha proiettato le parole di Carolina «Le parole fanno più male delle botte».

Le ha scritte quando è stato pubblicato il video in cui la molestavano. Non era fragile. Quando erano iniziate le calunnie del suo ex ragazzo aveva provato a difendersi, cambiando scuola e giro di amicizie. Non aveva spiegato perché, ma aveva scritto tanto prima di uccidersi.

Lei ha elencato tutte le varianti della violenza sul web: dall’Harrasment (insulti ripetuti), alla Denigration (messaggi con contenuti anche fittizi per danneggiare la reputazione), la Exclusion (esclusione dalle attività on line di gruppo) , fino al Sexting (pubblicazione non consensuale di immagini intime) al Cyberstalking.

I ragazzi di oggi sono nativi digitali, più esperti di noi, ma in questa fase della vita l’identità personale e la reputazione sono importanti, delicate. Anche “solo” l’esclusione digitale può ferire. Chi amministra un gruppo e ti lascia volutamente fuori sa cosa sta facendo. E anche chi fa parte del gruppo si rende conto di cosa succede. All’esterno tutti sorridenti, ma sul web succede ben altro.

L’odio verbale domina il web, con gli adulti in prima fila.

Certo. Proprio perché questi ragazzi sono nativi digitali speriamo che possano diventare meglio degli adulti. La legge serve anche a questo. Con la rete ci si può fare molto male. E magari la violenza sulle donne, i femminicidi, sono collegati al fatto che si è sdoganata la violenza verbale.

I dati che la colpiscono di più?

Il 35% di ragazzi che subiscono una esperienza negativa spera che il problema si risolva da solo: non è così. Il 48% di chi subisce cyberbullismo, lo replica.













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