Uccise la moglie nel sonno Sconto di pena per Kerer 

Accusa e difesa hanno concordato il verdetto prima dell’appello. All’uxoricida  inflitti 15 anni. Avrebbe agito per disperazione. Dopo aver colpito la moglie cercò di uccidersi



Bolzano. Robert Kerer, il brissinese di 60 anni che il 20 aprile 2018 uccise la moglie Monika Gruber, di 57 anni, con diverse coltellate alla gola, ha ottenuto una piccola riduzione di condanna rispetto al verdetto di primo grado.

L’uomo è stato infatti condannato in appello dalla corte d’assise a 15 anni di reclusione. Il processo di secondo grado (previsto con rito abbreviato) non si è materialmente svolto. Così come previsto dal codice, infatti, la difesa ha semplicemente trattato con la pubblica accusa una riduzione di condanna , rinunciando ad una parte dei motivi di appello ed impegnandosi a non ricorrere ulteriormente in Cassazione.

L’uxoricida ha così ottenuto la riduzione di un anno della pena. In primo grado infatti Robert Kerer era stato condannato a 16 anni di reclusione per omicidio volontario. L’aggravante della premeditazione era caduta per effetto delle attenuanti generiche riconosciute equivalenti.

Ieri pubblica accusa e difesa (avvocati Alessandro Tonon e Hubert Oberarzbacher) hanno concordato una revisione della condanna facendo leva su un solo punto: la quantificazione della pena che in primo grado venne calcolata partendo dal massimo previsto dal codice per l’omicidio volontario e cioè 24 anni di reclusione.

Ieri le parti hanno invece concordato una riduzione partendo da una pena base di 22 anni e mezzo arrivando a 15 anni per effetto degli sconti previsti per il rito abbreviato. Tra gli altri motivi d’appello a cui la difesa ha rinunciato c’erano anche le condizioni mentali dell’imputato che sarebbe stato sconvolto e disperato per una situazione (anche di carattere economico) che non permetteva di guardare serenamente al futuro.

In queste condizioni, l’imputato aveva progettato un omicidio-suicidio. Dopo aver colpito a morte la moglie con diverse coltellate alla gola mentre dormiva, l’uomo cercò per tre volte di togliersi la vita, senza riuscirvi. Fu fermato dai carabinieri quando si trovava sui binari, nei pressi della stazione ferroviaria di Bressanone, in attesa del passaggio di un treno sotto il quale intendeva buttarsi.

Nel corso dell’inchiesta Robert Kerer venne anche sottoposto a perizia psichiatrica. Il perito d’ufficio lo considerò sano di mente e di conseguenza, pienamente imputabile. Il consulente della difesa invece giunse a conclusioni diametralmente opposte evidenziando « gravi depressioni e deliri di distruzione». Così come in primo grado, anche nel processo d’appello la difesa intendeva puntare molto sulle condizioni psichiche dell’imputato per poter arrivare ad escludere, processualmente parlando, l’aggravante della premeditazione.

In effetti la difesa ha sempre sostenuto la tesi dell’omicidio d’impeto per disperazione a seguito delle condizioni economiche della coppia e delle condizioni di salute della donna colpita in precedenza da un ictus.

La sentenza di primo grado (giudice Emilio Schönsberg) aveva però evidenziato che Kerer non fece mai mistero della sua condizione al punto, come detto, di annunciare anche ad alcuni amici di volerla fare finita, decidendo anche per la moglie malata. Nessuno però lo prese sul serio anche se più volte l’uomo aveva sottolineato di non intravvedere più alcuna via d’uscita: era indebitato, guadagnava poco e con i soldi che entravano ogni mese non riusciva neppure a pagare l’affitto e nemmeno la bolletta della corrente elettrica. Dopo il verdetto di ieri, Robert Kerer per il momento resta nel carcere di Bolzano in attesa che la sentenza passi in giudicato. Gli avvocati difensori, infatti, rinunceranno a ricorrere in Cassazione. MA.BE.

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