Variante inglese: noi, osservati speciali I medici: reparti in grave sofferenza 

Bruxelles conferma il rosso scuro. Alto Adige verso il rosso anche per l’Italia. Widmann: «I contagi volano sicuramente anche per colpa delle mutazioni». Bolzano con la spia rossa insieme ad altre in 17 Province. Pronto soccorso, Neurologia e Cardiologia in seria difficoltà


Valeria Frangipane


Bolzano. Per Bruxelles l’Alto Adige resta «rosso scuro» per la terza settimana. La classificazione è stata aggiornata ieri dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). Rosso scuro anche per la provincia di Trento, insieme all’Umbria, mentre il Friuli Venezia Giulia esce dalla classificazione più severa.

E l’Alto Adige (in lockdown provinciale) da oggi dovrebbe diventare zona rossa anche secondo la classificazione statale: nel monitoraggio settimanale della cabina di regia nazionale, atteso per oggi pomeriggio, i dati sulla pandemia nella nostra provincia si annunciano infatti in netto peggioramento, compreso un Rt (indice di trasmissione del contagio) salito in una sola settimana da 1.6 a 1.25.

Sos mutazioni, Alto Adige

si è accesa la “spia rossa”.

L’infezione corre - solo ieri 680 nuovi infetti su 10.916 test - con assessorato ed Asl più che convinti che l’aumento percentuale dei contagi sia dovuto alla variante inglese. Accertati finora 17 casi. «Se così non fosse dicono l’assessore Thomas Widmann ed il direttore dell’Azienda, Florian Zerzer - non si spiegherebbe l’aumento dei casi».

Intanto l’ultimo monitoraggio della Fondazione Gimbe segnala con preoccupazione nella settimana 3-9 febbraio l’incremento percentuale delle nuove infezioni che supera il 5% in 17 province con Bolzano seconda in classifica (con il 10.5%) dopo Pescara. «Si stanno evidenziando situazioni molto critiche – dice il presidente Nino Cartabellotta – dove le nuove varianti hanno determinato un’impennata di casi e la saturazione di ospedali con le Terapie intensive che potrebbero improvvisamente esplodere ovunque, visto che le varianti del virus circolano ormai in tutto il Paese. Ecco perché è fondamentale monitorare tutte le “spie rosse” per attuare tempestive strategie di contenimento». In tutto questo la sanità con i suoi ospedali resta sotto pressione.

S. Maurizio in difficoltà

la denuncia dell’Anaao

per il Pronto soccorso.

«I colleghi sono esausti, i numeri dei pazienti aumentano ed i medici non possono né clonarsi né sdoppiarsi. Chiedono dunque che venga dipinta la situazione per quella che è, senza volerla per forza di cose addolcire». Parla così Edoardo Bonsante, segretario medici ospedalieri Anaao. Iniziamo dal Pronto soccorso. «Non si è sfruttata da un punto di vista organizzativo la pausa estiva che il virus ci ha concesso... cosi siamo punto e a capo. Si è allestito il pre-triage con 30 posti letto con gli attacchi per la fornitura di ossigeno, si è chiesto agli infermieri di altri reparti di fornire prestazioni aggiuntive e i medici hanno dovuto almeno raddoppiare se non triplicare i turni di guardia per coprire le diverse aree di loro competenza (area H, area M, pre-triage ed Astanteria) e le numerose malattie tra il personale. Lunedì 8 febbraio è stato il giorno di maggior accesso di pazienti delle ultime settimane con un flusso costante ed incessante di malati Covid. Quotidianamente dobbiamo scegliere se mantenere aperta l'area M (ex area verde) o sottrarre un medico dell'area H (ex area rossa) per scendere in pre-triage ad aiutare il collega impegnato con i pazienti Covid. La situazione deve essere ben chiara a tutti: in provincia il numero di posti letto scarseggia e siamo arrivati ad avere in Pronto Soccorso in area Covid un numero di pazienti che spesso eccedeva il numero di barelle e posti letto. Alcuni malati sono costretti a rimanere in pre-triage anche per giorni in attesa che si liberi un posto in reparto. Ovviamente a questi pazienti viene garantita l'adeguata assistenza sia in termini medici che infermieristici ed iniziano prontamente le terapie del caso, ma sono soluzioni di fortuna che vorremmo evitare. Se le risorse umane continuano ad essere dirottate sui pazienti Covid, non è pensabile di riuscire a garantire la stessa dedizione alle altre patologie, che continuano ad esistere, nonostante il virus».

Bonsante: «Siamo senza

il reparto di Neurologia».

«In tutto l’Alto Adige non c’è più un reparto di Neurologia -riprende Bonsante -. Il reparto del S. Maurizio è chiuso da fine novembre, quello di Merano da un paio di settimane. Le altre Neurologie della provincia sono da sempre senza reparto. Quindi in tutto l’Alto Adige non esiste al momento un reparto dedicato. Il reparto di Neurologia “serve” per casi neurologici acuti o complicati, ma anche per decongestionare la Stroke Unit che ha solo 8 posti letti in tutto l’Alto Adige, già pochi anche prima del Covid. In questo momento non mancano solo i reparti per acuti ma anche le riabilitazioni. Villa Melitta è Covid da mesi e la Bonvicini ha pochi posti non Covid.

Questo significa che i pazienti con recente ictus aspettano settimane in altri reparti di appoggio, come Chirurgia, Nefrologia ecc. Pazienti seguiti da neurologi ma con personale infermieristico non così dedicato come l’abituale di Neurologia, ora dirottato nei reparti Covid.

Abbiamo una dozzina di pazienti neurologici in appoggio ad altri reparti e, di questi, 8-9 con ictus, poi abbiamo da seguire le altre patologie neurologiche importanti. Si tratta spesso di malattie gravi e non è un bene che siano ricoverati in 4 reparti tutti diversi. In queste condizioni aumenta sicuramente il rischio clinico e non si lavora sereni. Spesso manca il monitoraggio della telemetria, aiuto fondamentale nella diagnosi».

In Cardiologia disponibili

solo 7 posti in Intensiva

contro i 14 del Trentino.

L’Anaao spiega ancora che in Cardiologia col Covid si sono ridotti i posti letto di degenza, per cercare di garantire camere singole e quindi ridurre al minimo la possibilità di contagio fra pazienti. «Ma è critica la situazione delle Terapie intensive cardiologiche, le cosiddette Utic. Quella di Bolzano aveva ridotto da 8 a 7 i posti già prima del Covid e succede che i cardiopatici acuti non possano andare a Merano visto che l’intensiva cardiologica del Tappeiner è stata a sua volta convertita in Covid. Così in Provincia ci troviamo con soli 7 posti di un'unità di Terapia intensiva coronarica contro i 14 del Trentino. Questa è la realtà che la popolazione deve conoscere».













Altre notizie

Attualità