alto adige

Covid, i no vax rischiano il ricovero in rianimazione 27 volte di più

L’elaborazione dell’azienda sanitaria altoatesina: in terapia intensiva c’è solo un vaccinato ma sono passati 267 giorni dall’ultima dose



BOLZANO. "Le cifre lo confermano ancora e ancora: il rischio di sviluppare gravi complicazioni a causa di un'infezione da Covid-19 è significativamente più alto per i non vaccinati che per i pazienti vaccinati”.

A dirlo è l’azienda sanitaria altoatesina che supporta la sua tesi con i numeri-

Alla data del 15 febbraio 2022, solo per 1 paziente vaccinato sono state necessarie delle cure intensive, mentre tali cure si sono rese necessarie per 3 persone non vaccinate.

Il dato, in rapporto all’ordine di misura dei 100.000 soggetti vaccinati o senza vaccino, indica che il rischio di essere ricoverati in terapia intensiva è circa 27 volte più alto per coloro che sono privi di scudo vaccinale.

Inoltre, si rileva che i pazienti ricoverati tra i vaccinati hanno lasciato trascorrere in media 267 giorni dall’ultima inoculazione. Pertanto, la capacità protettiva data dalla vaccinazione era in questi casi già fortemente calata.

Nei reparti normali, al 15 febbraio, erano ricoverati in totale 59 pazienti per Covid, 33 dei quali non erano vaccinati.

Ciò significa che, la probabilità che i pazienti non vaccinati finiscano in ospedale è di 59,4 su 100.000, mentre il rapporto per i pazienti vaccinati è di 5,3 su 100.000.

Il rischio di ospedalizzazione in caso di infezione da Covid-19 è pertanto 11 volte inferiore per i pazienti vaccinati.

Più anziani sono i non vaccinati, più ampio è il divario di rischio tra i non vaccinati e i vaccinati: nel caso di un'infezione da Covid, la probabilità di ricovero per i vaccinati di età superiore ai 70 anni è pari a 22,3 su 100.000. Le persone non vaccinate in questa fascia d'età, d'altra parte, hanno una probabilità di essere ricoverate pari a 447,2 su 100.000. Questo significa che il rischio di ospedalizzazione è venti volte più alto per le persone non vaccinate dai 70 anni in su. 

Per l’elaborazione di questi dati – precisa l’azienda sanitaria – sono stati considerati  solo i pazienti che sono ricoverati a causa di una diagnosi per Covid-19.













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