IL CASO

Femminicidio nel Milanese, Antonio Vena si dice pentito e distrutto

Il giudice ha convalidato il fermo ed emesso la misura cautelare in carcere



MILANO. «Ormai non posso più tornare indietro, ma sono disperato. La amo ancora e sono distrutto». Sono state queste, stamane davanti al giudice di Milano Manuela Cannavale, le parole di Antonio Vena, 47enne ex guardia venatoria e operaio della Duka di Bressanone, che nella notte tra sabato e domenica ha ucciso nel sonno, sparandole alla testa con un fucile, la sua compagna Alessandra Cità.

L'uomo, che è difeso dall'avvocato Giuseppina Marciano e che si è detto «pentito» del suo gesto, era collegato in videoconferenza dal carcere di San Vittore, dove si trova dopo essersi costituito ai carabinieri domenica mattina.

Il giudice ha convalidato il fermo ed emesso la misura cautelare in carcere, come chiesto dal pm di Milano Giovanni Tarzia, che ha coordinato l'indagine insieme ai procuratori aggiunti Maria Letizia Mannella e Laura Pedio. Vena è accusato di omicidio volontario pluriaggravato.













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