Il ricordo

Addio a Calligaris, il padre della medicina sportiva

Il "papà" della medicina sportiva moderna era un grande amico di Merano: gli amici e gli sportivi lo ricordano con grande commozione



MERANO. Atleta, allenatore, preparatore sportivo, praticamente inventore della medicina sportiva. Alfredo Calligaris se n’è andato con l’educazione e la semplicità che ha contraddistinto la sua vita, a novantacinque anni nella casa di ricovero a Bergamo. Lì, negli ultimi anni, viveva il professore, il modellatore di Uomini come lo aveva dipinto Gianni Brera, un soprannome che gli era rimasto per la sua capacità di trasformare uomini e donne in modelli da emulare.

Suoi in grossa parte i successi della valanga azzurra e dei mondiali ’82, atleti come Gimondi, Gustav Thoeni, Piero Gros, preparatore dell’Inter di Herrera e senza una laurea in medicina che conquistò con la fatica che fa un già diplomato all’Istituto Superiore di Educazione Fisica, fatica per il poco tempo a disposizione e fatica per l’ostilità di chi guarda con sospetto gli ultimi arrivati magari geniali ed innovativi come Calligaris. E per vincere questi pregiudizi e poter praticare senza vincoli la medicina sportiva il nostro si laureò a 50 anni.

Fu lui infatti a introdurre, soprattutto nel calcio, il concetto di preparazione atletica cambiando i giocatori in atleti e conseguendo quei successi probabilmente impossibili. Nato in Istria, Alfredo Calligaris, uno dei tanti grandi esuli che dovettero migrare in un periodo infausto, veniva spesso a Merano, invitato dal dottor Carmine Tollis, a trovare i tanti amici fra i quali spiccava il dottor Max Regele, per storia scolastica simile (anch’egli prima insegnante di educazione fisica e poi medico, uno dei primi e migliori specialisti in medicina sportiva) e per essere stato allievo del grande modellatore.

A Merano battezzò l’inaugurazione del Medical Center e fu prodigo di consigli che si sono avverati in positivo. A Merano veniva spesso anche per raccontare, in seminari pubblici, come sia solo a la volontà e la voglia di migliorare a decidere il destino di un essere umano che deve conoscersi, riconoscersi e sapersi valutare accettando conseguentemente i propri limiti cercando di scoprire i lati positivi da sviluppare non fermandosi mai di fronte a blocchi fisici o culturali.

Una lezione che sono in molti a Merano a ricordare con nostalgia.













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