“Diari della quarantena”, Dante fa da guida
Merano. Partire dall’esilio di Dante per fare ordine tra i pensieri durante la quarantena. Un esperimento di scrittura creativa non facile, ma sicuramente riuscito agli alunni di una classe del liceo...
Merano. Partire dall’esilio di Dante per fare ordine tra i pensieri durante la quarantena. Un esperimento di scrittura creativa non facile, ma sicuramente riuscito agli alunni di una classe del liceo delle scienze umane Gandhi, che sotto la guida della professoressa di italiano Laura Mautone si sono immaginati nei panni del guelfo bianco per raccontare le loro riflessioni attraverso la sua voce. Qualcuno ha parlato d’amore, qualcun altro del rapporto con la città. E le frasi più significative sono finite in un video montato da Gianfranco Gargano, con musiche di Gabriele Ghione e di Paolo e Luca Golinelli. I “Diari della quarantena” sono una piccola testimonianza dei ragazzi di oggi, nuovi interpreti dello stato d’animo di un politico esiliato a inizio Trecento.
Con tutte le epidemie che hanno afflitto l’Europa si poteva rileggere Boccaccio, giocare sulla falsariga del Decameron e sviluppare un racconto che invece della peste sfruttasse il coronavirus come spunto per un esperimento di scrittura creativa. Magari ne sarebbe venuto qualcosa di divertente. Perché impegolarsi in Dante, esiliato per vent’anni dalla sua città natale? Al di là dei programmi scolastici – la Commedia è parte integrante delle lezioni di italiano durante il triennio – c’è una ragione politica. Perfettamente descritta dalla frase “Non sapete quanto dolore provo in questo momento, lontano da tutto ciò che consideravo “casa””. Le norme sulla privacy dei minori e in generale dell’ambiente scolastico non ci permettono di scoprire il nome di chi l’abbia scritta. Ma chiunque può ripensare agli anni delle superiori, quando la casa e la famiglia erano gli amici, la piccola comunità d’elezione diversa da quella affidata dalla sorte. Un altro alunno di Mautone scrive “ho paura, sento il bisogno di avere vicino qualcuno che mi protegga, che mi consigli, che mi indichi la retta via”. Non gliene vogliano gli adulti di casa, qui il tema sono le amicizie giovanili, un tessuto resistentissimo liso dalla clausura forzata. Perché esistono i social e le telefonate, ma se viene meno il linguaggio del corpo pure i rapporti umani ne risentono. “La malinconia che provo verso la mia vera città è indescrivibile”, scrive qualcun altro. Che per “vera città” intendesse Merano anziché la Firenze di Dante?
Le lettere scritte dagli studenti del Gandhi «hanno portato alla luce le emozioni e le sensazioni che molti di loro stavano vivendo in questo periodo di esilio forzato – spiega la professoressa di italiano –. Ho invitato poi chi lo desiderava a scrivere in un altro testo quello che provavano per sfogare la frustrazione e la tristezza, a scopo quasi terapeutico. Si sa che la scrittura può avere anche questa funzione…». S.M.