Merano

Madre, disoccupata e senza casa: «Dopo lo sfratto dove andrò?» 

Martha Gonzalez è da 25 anni in Italia e prima del lockdown lavorava come cameriera negli alberghi. Ha sempre pagato l’affitto dando fondo ai risparmi, ma tra pochi giorni dovrà lasciare l’appartamento. «Vorrei solo dignità»


Sara Martinello


MERANO. Martha Cecilia Gonzalez, 46 anni, ha passato in Italia più di metà della sua vita. È arrivata qui 25 anni fa e ha sempre lavorato sodo, ma una combinazione di eventi – il lockdown innanzitutto – oggi costringe il suo orizzonte di vita entro uno spazio temporale troppo angusto. Per lei, oggi, “speranza” è una parola vuota. Tra una manciata di giorni lei e suo figlio potrebbero finire sulla strada per via di uno sfratto esecutivo e della mancanza di un lavoro.

Il lavoro e la casa.

Gonzalez soffre di una fibromialgia che l’ha costretta a interrompere il mestiere di barista e a cercare impiego come cameriera. La malattia è peggiorata, ma la 46enne ha stretto i denti ed è andata avanti, sebbene ora auspichi il passaggio dal settore alberghiero a quello delle pulizie. Lo scorso settembre aveva appena ripreso a lavorare a chiamata come cameriera ai piani negli alberghi. Il lockdown, però, ha fermato tutto.

Così, per saldare l’affitto del piccolo appartamento dove vive insieme al figlio, alla sorella (anche lei cameriera a chiamata) e alle nipoti, ha dato fondo ai propri risparmi e a una modesta pensione di reversibilità. Due stanzette, una cucina, un bagno. «In caso di guasti la proprietaria ha sempre chiesto che pagassi io. E poi ci sono stati problemi d’igiene, ho dovuto chiamare l’ufficio competente», aggiunge lei.

Ottocentoventi euro al mese, ridotti a 720 da qualche tempo perché la famiglia ha consumi bassi.

Intanto, ancora lo scorso marzo, la proprietaria le aveva dato il regolare preavviso che il contratto 4+4 non sarebbe stato rinnovato: col 4 gennaio è scattato lo sfratto. Il Milleproroghe? Niente da fare, perché il blocco degli sfratti fino al prossimo 30 giugno è valido in caso di morosità. Non per Gonzalez, che il canone di locazione l’ha sempre pagato.

In questi mesi ha provato a trovare una soluzione. Ma gli affitti elevatissimi – non solo a Merano, ha cercato pure nei paesi dei dintorni – e il fatto di non poter presentare ai locatori un contratto di lavoro hanno stroncato ogni speranza. A questo si aggiungono gli improvvisi ripensamenti di chi non vuole “stranieri” in casa propria.

Il sociale.

Naturalmente, aiutata da Giuseppe Giarrizzo della Cgil, Gonzalez si è rivolta a chiunque potesse darle una mano. Già in passato, quando il lavoro c’era, aveva fatto richiesta all’Ipes per un appartamento. Domanda respinta per via della piccola pensione di cui gode.

Oggi non ha diritto a un alloggio fuori graduatoria, perché lo sfratto non è stato motivato con una necessità propria o familiare. E la graduatoria provvisoria sarà pubblicata solo a marzo, troppo tardi perché nel frattempo il Comune le conceda un alloggio temporaneo, procedura attivata solo qualora l’imminente assegnazione di un appartamento da parte dell’Istituto sia certa.

«In municipio – spiega Gonzalez – chiedono che l’assistente sociale che ci segue attesti la necessità di un sostegno per un alloggio pubblico, cosa su cui però non ci sono stati pronunciamenti. L’Ufficio servizi sociali sostiene che a questo punto la sola via percorribile sia quella del dormitorio». Gli occhi si fanno lucidi. «Mi è stato fatto intendere che forse sarebbe meglio se mio figlio lasciasse la scuola. Ma manca poco al diploma...».

Si asciuga le lacrime. Per suo figlio vorrebbe un futuro pieno, dignitoso, vorrebbe che finisse gli studi con un attestato. Una marcia in più, o almeno non la retromarcia di un livello di scolarità inferiore. «Abbiamo chiesto un incontro alla commissaria Anna Bruzzese, speriamo che ce lo conceda», dice insieme a Giarrizzo.

Resta il Distretto sociale della Comunità comprensoriale del Burgraviato. Interviene Giarrizzo: «Hanno cercato di verificare la situazione anche dal punto di vista psicosociale, poi si sono appellati al principio della sussidiarietà: secondo loro la signora è in grado di arrangiarsi. Le concederebbero un piccolo contributo, però, qualora trovasse una soluzione abitativa, integrando l’affitto con la propria pensione».

Termini perentori.

Il 4 gennaio è scaduto il contratto di locazione. Il 18 era la data fissata dal tribunale perché Gonzalez lasciasse l’appartamento. Il 24 si è presentato l’ufficiale giudiziario, che le ha dato dieci giorni. Passati questi, la 46enne potrebbe avere un ulteriore minuscolo margine, dopodiché alla porta si presenteranno i carabinieri. Lei intanto ha smontato i propri mobili («Se trovassimo una sistemazione di fortuna dove potrei metterli?»). Ha dato fondo a tutti i suoi risparmi ed è sul lastrico. Lo stress e la malattia non le fanno chiudere occhio.

«Dicono che debba pagare anche l’avvocato della proprietaria. Il mio ci aiuta pro bono, ma quando riprenderò a lavorare vorrei pagarlo. Certi politici decidono sulla nostra pelle, loro non devono fare i conti con spese e rinunce. Sono cittadina italiana, ma non quando cerco casa: vorremmo avere anche noi un po’ di dignità. Voglio lavorare. Vorrei tornare ad avere una vita dignitosa, specialmente per mio figlio. Mai, 25 anni fa, avrei pensato che le cose sarebbero andate così».

 













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