Quarantena e cometa, la strana coincidenza  nelle cronache meranesi 

Il parallelismo. La pestilenza e la “stella” 340 anni fa, oggi il Covid-19 e l’asteroide 52768


Jimmy Milanese


Merano. L'emergenza Coronavirus ha letteralmente svuotato la città della sua vita giornaliera. Chiusi i locali, negozi serrati, parchi inagibili e qualsiasi attività consociativa praticamente bloccata, Merano e i meranesi stanno reagendo a loro modo e per la prima volta a una situazione che sembra averli proiettati nella trama di un film. Reazioni che vanno dagli ormai popolari aperitivi in chat con gli amici, alle canzoni urlate dai balconi di casa, per finire con la ironia social e gli incontri, se non scontri, nei vari gruppi Facebook.

A guardar lontano, la nostra città non è nuova a questa situazione, e a spiegarci come nel passato i nostri concittadini rispondevano agli eventi naturali avversi è un manoscritto di Lorenz Paumgartner, ecclesiastico che tra il 30 gennaio del 1668 e il 29 ottobre 1708 riportò su un diario gli eventi che in quel lasso di tempo colpirono la città, nonché la reazione dei suoi concittadini.

Il manoscritto, recentemente tradotto da un gruppo di studenti coordinati da insegnanti dell'istituto Gandhi e il Gymme di Merano, spiega nel dettaglio la paura dei meranesi di fronte alle calamità naturali e quali erano i provvedimenti che le autorità decidevano di prendere per scongiurare il ripetersi. Una lettura interessante che dà un’idea di come i tempi siano effettivamente cambiati da ogni punto di vista, ma non certo la paura e la voglia di reagire, in qualche modo.

La siccità.

Uno degli eventi naturali più temuti nel Seicento, sorprendentemente, era la siccità. Che poteva colpire la città e danneggiare irreparabilmente i raccolti. Quindi, mettere a serio rischio al vita dei meranesi. La siccità, spesso, era sinonimo di carestia con il correlato di una serie di malattie che alcune volte potevano decimare la popolazione. «Poiché la pioggia, desideratissima e molto necessaria, non è arrivata, le preghiere devono continuare... e poiché il Signore non ha eseguito le nostre preghiere, senza dubbio per i nostri troppi peccati, siamo ricorsi a un altro modo per implorare la sua Divina Misericordia… è stata quindi indetta una processione con tutti i bambini, gli adolescenti e le ragazzine di tutte le scuole dell'intera città». Questo scrive Paumgartner nel suo diario, datandolo 25 luglio 1672, e sottolineando la partecipazione dell’intera popolazione alle vicende della città. Che la processione fosse stata gradita da Dio, lo dimostrerebbe l'esito, ovvero l'arrivo di un «salubre acquazzone». E se le piogge erano troppo insistenti, come quella del luglio 1679, ancora processioni e preghiere, oltre alle offerte per i poveri e una cerimonia di benedizione, dalle 4 di notte alle 10!

Via la testa.

Molto spesso, le maledizioni o i cattivi auspici per la città arrivavano dall'operato di stregoni e maghi, molto semplicemente persone che erano solite preparare pozioni curative che difficilmente curavano, ma che venivano ben pagate da ingenui cittadini. E allora, quando questi personaggi venivano scoperti, si procedeva con la decapitazione, spesso multipla, come quella dell'11 agosto 1679, quando il 24enne Melchior Waltesbier, assieme ad altri due colleghi, ci rimisero la testa. Nel diario dell'abate, sono decine le testimonianze di persone decapitate e bruciate per magia, stregoneria e altri atti capaci di terrorizzare la popolazione, verso i quali il solo rimedio era l'eliminazione della minaccia.

La pestilenza e la cometa.

Nel marzo del 1680, invece, la città si dovette difendere dall'arrivo di una pestilenza che mise in ginocchio diversi commercianti, e proprio per questo venne indetta una Quarantena, ma non certo per isolare le persone. Infatti, ritornando al significato primordiale di questa pratica, il vescovo di Coira espose per 40 giorni il Santissimo Sacramento, in coincidenza di un egual numero di ore di preghiera, solitaria e nel chiuso delle case.

Proprio nello stesso anno di questa pestilenza, il 24 dicembre venne «vista una terribile e spaventosa cometa, la cui coda secondo i calcoli astronomici, si estendeva in lunghezza per 700 miglia e larghezza per 400 miglia, era sorta intorno alle 5 a San Vigilio ed era tramontata alle 9 circa a Parcines», scrive il religioso. Per allontanare i malefici influssi di questa terribile cometa, su mandato del vescovo di Coira, ancora quaranta ore di preghiera, oltre all'obbligo del digiuno episcopale per tre venerdì di seguito, con imposizione di residenza domestica ed elemosina distribuita ai poveri di casa in casa.

Insomma, pestilenza e cometa 340 anni fa, pandemia e asteroide 52768 che il 29 aprile sfiorerà la terra, adesso.

Anche gli animali.

Anche nel 600, come ben descrisse Manzoni quando nei Promessi Sposi si occupò della peste che colpì Milano, Merano fu investita da un’epidemia, ma quella volta vittime del virus furono gli animali, più che gli uomini. Una epidemia scoppiata nel giugno del 1682 e arrivata dalla val Passiria, provocando nelle vacche: «Alcune bolle purulente sulla lingua, ma siccome ad alcuni sembrava che questa epidemia traesse origine da pratiche magiche, si è stabilito che gli animali venissero benedetti con alcune sacre benedizioni appropriate», spiega Paumgartner. Insomma, benedizioni in luogo di disinfestazioni! Immancabile la classica processione alla chiesa di San Martino a Maia.

Allora come oggi, spesso le pestilenze derivavano da cattive norme igieniche, in particolare dall’inadeguata sepoltura dei cadaveri. Il 2 aprile del 1683 a Merano, nota l'ecclesiastico, si scatenò una burrasca con tuoni e fulmini. La causa venne ritrovata nella circostanza che lo stesso giorno il boia aveva sepolto sulla riva del Passirio il corpo di tale Valentin Leiter, annegato poco tempo prima. La siccità dell'inverno precedente, invece, venne attribuita al fatto che il cadavere rimase in acqua per troppo tempo, e che quindi maghi e streghe avrebbero mal sopportato questo scempio, e per questo avrebbero deciso di scatenare il diluvio. Molto spesso, infatti, era proprio lo spavento che accompagnava queste storie ad indurre i cittadini al rispetto di norme igieniche.

Di fronte all'incendio del 22 ottobre 1688 che distrusse la casa del mugnaio, la decisione delle autorità spirituali della città, alle quali si demandavano le più importanti misure contro gli eventi catastrofici, fu quella di imporre a tutta la popolazione un voto, «una promessa di digiuno di un intero giorno, oltre all'obbligo della Confessione e Comunione alla prima festa di Ognissanti».

L’esorcismo

Le catastrofi naturali, come la grandine che colpì l'intero Alto Adige nel corso dell'autunno scorso, potevano anche colpire la già fiorente viticoltura locale. Il 5 maggio del 1700, nella corso della serata venne indetta una processione con sacre reliquie, ovvero il Bastone di S. Magno Abate, arrivato direttamente dal monastero benedettino di Füssen: «Come potentissimo rimedio contro gli animali dannosi per le vite gli altri prodotti della terra, ossia topi e altri insetti», scrive il religioso nel suo diario.

E se non era la grandine, era la tempesta, per sconfiggere la quale, il 21 luglio dello stesso anno venne addirittura organizzato un esorcismo nel centro cittadino. A ben vedere, per esorcizzare questa pandemia che ha svuotato la città, sembra possano andare molto meglio i rimedi di adesso, dagli aperitivi in chat di gruppo alla musica sparata dai balconi, tutti assieme.













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