Solland, ancora un’asta deserta 

Il fallimento della fabbrica di Sinigo: per i creditori è sempre più un miraggio rivedere dei soldi


di Giuseppe Rossi


MERANO. Neppure il quarto ribasso consecutivo e gli undici milioni messi sul piatto della bilancia dai curatori fallimentari sono stati sufficienti a convincere eventuali investitori ad acquistare quello che resta della Solland Silicon, la fabbrica di silicio di Sinigo dichiarata fallita dal tribunale di Bolzano e ormai da quasi un anno messa all'asta per una vendita in blocco dell'intero stabilimento.

Ieri mattina per la quarta volta l'asta indetta dai curatori, l'avvocato Bruno Mellarini e il professor Luca Mandrioli, è andata deserta. Eppure il prezzo fissato in 11,1 milioni di euro era di quasi due terzi inferiore rispetto alla scorsa primavera, quando in prima battuta il complesso industriale di Sinigo era stato messo in vendita a 29,6 milioni di euro. A pesare in maniera determinante sul disinteresse, apparente o pilotato che sia, all'acquisto dello stabilimento c'è l'incognita legata alla bonifica dei terreni sui quali sorge la produzione di silicio. Se l'impianto, che in queste settimane la Provincia ha iniziato a dismettere avviando le procedure di svuotamento delle condutture dal temibile clorosilano, dopo aver stanziato 1,5 milioni per questa particolare attività, verrà acquistato da una industria che recupererà l'utilizzo della tecnologia presente a Sinigo, sarà necessaria una bonifica mirata e molto meno dispendiosa in termini economici di quanto invece potrebbe accadere qualora al posto della fabbrica sorgesse un sito artigianale, di start up o addirittura residenziale. In questo caso la bonifica avrebbe dei costi difficilmente calcolabili, anche se sicuramente una ventina di milioni di euro sicuramente non potrebbero bastare.

I curatori fallimentari ovviamente ci riproveranno, in gennaio, quando pubblicheranno una nuova gara in scadenza a febbraio con prezzo ulteriormente ridotto del 25%. A quel punto basteranno circa 8 milioni per portare a casa terreni e fabbrica ex Solland Silicon.

Ma gli otto milioni che i curatori dovessero incassare se l'asta del prossimo anno andasse a buon fine basterebbero per coprire i costi? Sicuramente non saranno sufficienti per soddisfare i creditori normali, quella lunga serie di artigiani e di prestatori di servizi che in questi mesi stanno difficilmente cercando di superare la crisi derivata dai mancati introiti fatturati alla Solland Silicon. Ma anche i dipendenti e l'Inps, l'istituto di previdenza sociale, rischiano di rimanere a bocca asciutta nonostante si tratti di creditori privilegiati. E infine gli otto milioni, che saranno quasi certamente posti a base d'asta nel quinto tentativo di vendere la Solland Silicon, forse non basteranno neppure per coprire i costi fino a qui sostenuti dalla Provincia per mantenere attivi e in sicurezza gli impianti e per finanziare lo svuotamento dei silani.

C'è comunque da sperare, che qualche acquirente intenzionato a rilanciare l'impianto dal punto di vista industriale, anche se forse usando meno materie pericolose possibile, si trovi.

Se anche la quinta o addirittura la sesta asta dovessero andare deserte si potrebbe aprire un nuovo scenario, molto pericoloso per Provincia e soprattutto per il Comune, sul cui territorio sorge lo stabilimento. I curatori fallimentari potrebbero, per così dire, abbandonare il bene oggetto dell'asta e a quel punto toccherebbe all'ente pubblico riconvertire e bonificare i terreni, con costi a carico della collettività al momento difficilmente calcolabili.

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