«Veleno e odio»: quando Mussolini cercò di fare sua la lotta operaia 

L’incontro con Degasperi. Nello scomparso Caffè Paris, nel 1909 un dibattito tra il segretario del Partito Popolare e il futuro dittatore Sotterfugi e sarcasmo “fascisti” per bollare l’avversario di immobilismo


Jimmy Milanese


Merano. C’è stato un momento della vita sociale italiana che ha visto nella nostra città una fucina importante del confronto politico a colpi di conferenze e dibattiti, molto spesso seguiti da code polemiche.

Infatti, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, l’aumento esponenziale degli operai impiegati nella costruzione degli hotel del Meranese fece da substrato alla contrapposizione tra organizzazioni operaie di matrice cattolica e associazioni sindacali socialiste. La collisione spesso violenta di quelle due ideologie ebbe nella nostra città uno dei centri dove la questione operaia venne più aspramente dibattuta.

I protagonisti.

In quegli anni, tra i cattolici più in vista si annoverava il giovane trentino Alcide Degasperi: nel 1911 già deputato al parlamento di Vienna, successivamente ultimo presidente del Consiglio del Regno d’Italia, poi primo presidente del Consiglio nell’era repubblicana. Tra i socialisti, un certo Benito Mussolini, romagnolo di soli due anni più giovane di Degasperi, in regione, a Trento, arrivò il 6 febbraio 1909. Infine, l’irredentista Cesare Battisti, che di lì a poco sarebbe stato giustiziato al Buonconsiglio di Trento.

La questione operaia.

E la nostra città, in tutto questo, cosa c’entra? C’entra eccome, in quanto in quegli anni nella Merano austroungarica al confine col Regno d’Italia non erano rari gli incontri tra i vertici del partito socialista e quelli delle compagini cristiano-sociali. Incontri che si tenevano nell’ormai scomparso Caffè Paris sotto i portici, o a Maia Bassa alla birreria Corona, rigorosamente in lingua italiana e alla presenza di personalità del mondo della politica nazionale, ma anche di direttori di giornali o di prestigiosi ospiti della città, attirati da una vitalità culturale inusuale per un luogo tipicamente vocato alla cura e al risanamento del corpo. Molto spesso sotto accusa ci finivano anche la cultura austroungarica e la sua matrice fortemente religiosa.

L’arrivo di Cesare Battisti.

Uno dei più importanti, tra questi frequenti dibattiti sulle trasformazioni della società, avvenne l’8 febbraio 1909, quando Cesare Battisti arrivò a Merano alla birreria Corona. Battisti, giornalista ma anche deputato al Reichsrat nell’ultima legislatura dell’impero austroungarico, quel giorno non esitò ad attaccare i sindacati cattolici che erano orientati a trovare un accordo tra operai impiegati nella costruzione degli hotel e quelli che i socialisti come l’irredentista Battisti, invece, chiamavano padroni.

Alla fine, nel corso di quell’incontro pubblico, sul banco degli imputati ci finì la posizione dei socialisti che invocavano l’abolizione del diritto di proprietà privata, in una Merano dove comunque le organizzazioni operaie di sinistra erano di gran lunga più rappresentate e rappresentative di quelle cattoliche, ma dove la stampa austriaca filocattolica la faceva da padrona. Per questo, il confronto acceso ben presto si estese anche alle colonne dei quotidiani locali, per via del fatto che molti di quei protagonisti erano diventati corrispondenti, quando non firme importante di alcuni organi di stampa fortemente orientati.

Confronto che culminò, appunto, nel primo incontro pubblico tra Degasperi e Mussolini, organizzato a Maia Bassa per il pomeriggio del 7 marzo 1909: dopo che i due si erano, per così dire, riscaldati in due dibattiti cittadini avvenuti in separate sedi, infiammando la città e rendendo quell’appuntamento pomeridiano imperdibile. Quel pomeriggio, appunto, tra i partecipanti c’era il giovane Alcide Degasperi con le sue proposte di solidarietà operaia; mentre Benito Mussolini, neodirettore del settimanale socialista trentino “L’Avvenire del lavoratore”, arrivava in città con proposte di rivoluzione come mezzo per espropriare i capitali.

Il dibattito mancato.

Le cronache di quell’incontro sono state narrate sia da “L’Avvenire del lavoratore” sia da “Il Trentino” di Degasperi, con due lunghi articoli usciti entrambi il 9 marzo 1909. A prendere la parola per primo fu Benito Mussolini. Erano le due di pomeriggio e la cronaca racconta di una sala della birreria stracolma, in prevalenza di compagni socialisti, quando il futuro dittatore iniziò il suo comizio. Degasperi e i suoi si presentarono pochi minuti dopo. Solo a quel punto iniziò l’arringa vera e propria di Mussolini, in particolare contro la discesa in politica della Chiesa, accusata di occuparsi di questioni relative alla società con l’unico scopo di tamponare il fuggire delle «pecorelle smarrite», scriveva l’Avvenire. «La democrazia cristiana è un misero tentativo destinato al fallimento [...] ma la loro azione è un compromesso continuo, perché non giungono ad eliminare la borghesia», accusava Mussolini. Di fronte a una platea a maggioranza socialista, brevissima la replica di Degasperi a difesa della presenza dei cristiano-sociali nella questione sindacale.

Erano appena passate le 15 del 7 marzo 1909 quando nella sala della birreria Corona si consumò uno dei gialli mai risolti nel rapporto tra Mussolini e Degasperi, quello che in seguito venne chiamato “dibattito mancato”.

La partenza di Degasperi.

Infatti il futuro fondatore della Democrazia Cristiana ma anche dell’Unione Europea, con sorpresa di tutti, adducendo come motivo un impegno improrogabile a Bolzano, decise di abbandonare quella platea ostile, suscitando i fischi dei presenti e il sarcasmo di Mussolini, che chiese come potessero le ferrovie austriache avere treni con partenza alle 15.15. Con Degasperi già sulla carrozza per la stazione di Merano, Mussolini invitò gli operai meranesi a scindere la loro azione da quella dei colleghi cristiano-sociali, accusando la città di essere la meta dove «la borghesia del Nord manda i suoi scarti a cercare un raggio di sole e un po’ di aria pura: voi (operai meranesi, ndr) che avete costruito questi immensi hotel che schiaffeggiano col loro lusso la vostra miseria, voi che date colla vostra lotta un esempio alla classe operaia austriaca e a quella di tutti i paesi. Dimostrate che si può vincere, si deve vincere senza compromessi, senza viltà», riportava l’Avvenire.

«Veleno nel pieno della crisi».

Anche “Il Trentino” diretto dallo stesso Degasperi affrontò quel dibattito di Merano, soffermandosi però sul fatto che di fronte a una crisi edilizia che nell’aprile del 1909 minacciava di gettare sul lastrico decine di meranesi, i socialisti per colpa di «qualche capoccia» contrario all’unità sindacale rischiavano di inaugurare una primavera di lotte. Sempre dalle colonne de Il Trentino partì l’accusa a Mussolini di aver utilizzato quel dibattito per iniettare «veleno e odio di parte nel pieno di una crisi economica».

Il giornale cattolico su quella che i socialisti avevano chiamato «fuga ignominiosa» racconta di un precedente impegno preso da Degasperi nel pomeriggio a Bolzano e di un espediente ideato dai socialisti per costringerlo a parlare solo pochi minuti prima dell’annunciato ritorno a Bolzano. Infatti, secondo le cronache, poco prima di lasciare la sala Degasperi tirò fuori dalla tasca l’invito che i socialisti gli avevano fatto recapitare la mattina per mezzo di un portatore il quale se l’era svignata prima di ottenere risposta sulla disponibilità del politico per quell’ora. Insomma, secondo quanto ricostruito da Il Trentino, Degasperi arrivò a Merano nonostante un impegno quasi concomitante a Bolzano ed ebbe la parola poco prima delle 15, giusto in tempo per prendere il treno delle 15.30. In altre parole, quel suo blitz alla conferenza organizzata dai socialisti viene spiegato proprio con la voglia di non darla vinta a Mussolini che da giorni lo stava attaccando a mezzo stampa.

I ritorni.

In periodi diversi, Mussolini – tra le due guerre, per stare assieme a Claretta Petacci che in città spesso soggiornava – e Degasperi – in particolare dopo la fine del secondo conflitto mondiale per via della questione altoatesina – tornarono in città diverse volte. Forse anche grazie a quel dibattito mancato Degasperi non subì dal fascismo quella persecuzione estrema che a moltissimi costò la vita, continuando a scrivere per la rivista dello Stato Vaticano con lo pseudonimo di “Spectator”.













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