UN’ESTATE CALDA

Migranti, nei centri accoglienza 160 invisibili in lista d’attesa

A Bolzano in una ventina di strutture ospitate 776 persone. Oltre un centinaio attendono un posto libero. Ma per Bozen Solidale sono molti di più: «In centinaia senza un tetto». Caramaschi e Andriollo: «Molto preoccupati»



BOLZANO. Siano semplici migranti o richiedenti asilo, i numeri questa estate sono in forte ascesa, anche se al momento attuale nessuno li conosce in dettaglio. Attualmente nelle strutture cittadine di accoglienza sono ospitate 776 persone. Il Comune stima in 100-120 le persone senza un ricovero per la notte. Volontarius ha in mano una lista con 160 soggetti in attesa di trovarne uno. Bozen Solidale sostiene siano molti molti di più, quelli senza un tetto, centinaia.

Un fatto però è certo: le strutture attuali non bastano, gli arrivi nel 2023 sono aumentati e sarà così almeno sino a fine ottobre. Calati dall’Austria - un decimo dei flussi dell’anno scorso - cresciuti dal Nord Africa.

Comune molto preoccupato

Come dichiara Juri Andriollo, «le amministrazioni municipali, lo provano anche le dichiarazioni dei sindaci leghisti che si lamentano sui giornali, sono in grosse difficoltà; il fenomeno deve essere gestito a livello centrale. Gli arrivi continuano, ma il vero tema sono le persone fragili, i minori non accompagnati, i disabili, le persone malate. Per i servizi sociali della città, che dovrebbero occuparsi dell’intera comunità, un ulteriore gravoso lavoro». L’assessore comunale al sociale si dice «seriamente preoccupato. Questi flussi non sono sostenibili, per il 2024 le previsioni dicono saranno una valanga, nel 2025 idem. Dobbiamo strutturarci, punto e basta, non esiste un piano B. È una scelta politica, un tema che coinvolge anche la Provincia: o si sceglie di non trattarlo, o si organizza in maniera strutturata». Assieme agli altri Comuni e pure ai Comprensori.

Il sindaco Renzo Caramaschi è sulla medesima lunghezza d’onda. Snocciola dati a memoria: «100-120 senza un tetto sopra la testa, altre 776 persone ospitate in strutture». Sa dire quanti, compresi quanti nuclei famigliari, donne, bambini, minori soli, siano ospitati in ciascuna delle venti e passa strutture a disposizione gestite da enti, associazioni, con contributi pubblici o meno. «Gli elenchi li spedisco regolarmente a carabinieri, questura ecc. E ovviamente alla Provincia, a Kompatscher, ma non so se li legga, mi pare di no». Il sindaco è preoccupato: «A giorni avremo un Comitato, più che dirlo, ripeterlo, urlarlo... Siamo una città di 108 mila abitanti, con superficie ridotta, un quarto di Trento: questo fenomeno qui da noi è molto visibile e rischia di alimentare tensioni. Il grado di accettazione da parte della popolazione dipende molto dai numeri, se sono eccessivi la psicologia sociale parla chiaro... Servono soluzioni strutturate, non possiamo rincorrere».

Le liste d’attesa

Davide Monti, Volontarius, spiega: «Stiamo gestendo le liste d’attesa per accedere al ricovero notturno; al momento abbiamo 160 nominativi, ma stanno aumentando, se ne aggiungo 10 di nuovi al giorno, soprattutto dal Nord Africa, persone nuove, che non hanno mai avuto a che fare con Bolzano o con noi che seguiamo il fenomeno da anni». Non è gente passata di qui che ripassa perché magari Austria o Germania dopo un tot li hanno rispediti fuori dai loro confini nazionali. In molti casi non è gente che chiede asilo. «Ci sono poi altri che non vengono a mettersi in lista, non intendono usufruire di un posto letto, perché sono di passaggio. Solo negli ultimi giorni, con la pioggia, le dinamiche sono un poco mutate: faceva freddo a dormire lungo l’argine dei fiumi».

Dal Brennero invece circa dieci volte meno arrivi rispetto all’anno scorso. Al contrario, tante tante persone vanno verso Nord, anche se molti restano anche qui, dove si trova lavoro: uno su cinque degli ospiti dei centri d’accoglienza ha una qualche forma di contratto di lavoro: part time, interinale, nelle altre città non succede nulla del genere». Difficile dire quanti resteranno, quanti siano in transito. «Attualmente tantissimi entrano dal Friuli, c’è una sorta di corridoio a zig zag: Austria, Alto Adige, Lombardia, Svizzera, si percorre l’intero arco alpino per arrivare in Francia, Belgio, Germania, dove magari stanno già altri famigliari». Al momento, a Bolzano città si riesce, da mesi, ad accogliere tutte le famiglie e i minori non accompagnati: «Nessuno rimane fuori». I singoli invece dormono anche altrove e sono sempre di più. «Qualcosa bisognerebbe fare. C’è un coordinamento a livello provinciale. Quest’anno, prima che l’anno scorso, dovremmo già riuscire ad aprire le prime strutture per la stagione fredda».

La querelle sul Cpr

Per quanto riguarda il Centro di permanenza per il rimpatrio che dovrebbe essere realizzato in Alto Adige nulla è ancora dato sapere. Sven Knoll (StF) ieri ha scritto a Kompatscher chiedendo di sapere dove verrà realizzato. Il presidente del Consorzio dei Comuni, Andreas Schatzer, precisa invece: «Al riguardo non siamo stati contattati, ma non escludo che un singolo sindaco invece lo sia stato. Nel nostro gruppo di lavoro a livello comprensoriale non abbiamo mai affrontato questo tema». Quindi al momento il Consorzio non ha una propria posizione al riguardo. «Sappiamo solo ciò che leggiamo sui giornali», conclude.

Bozen Solidale: Cpr al Brennero?

Ad avanzare un’ipotesi su dove potrebbe esser realizzato il Cpr sono i portavoce di Bozen Solidale, che parlano del Brennero. Vicino al confine, zona poco popolata, ci sarebbero poche lamentele, ricca di ex caserme. Cpr a parte, da loro avversato, i volontari raccontano: «In città diverse centinaia di persone dormono fuori. Abbiamo scritto a Comune e Provincia; il Comune ha risposto, il solito rimpallo di responsabilità. La Provincia non ha nemmeno risposto. Fatto sta che si muovono in molto, da sud a nord e viceversa. Molti dei respinti da Austria e Germania si fermano qui perché sanno il tedesco. Ma la stagione fredda è alle porte... Avviare percorsi strutturati, case lavoratori a misura di persona anziché grandi centri di accoglienza dove succede di tutto, costerebbe molto meno, ma occorrerebbero almeno 12-18 mesi. Nelle città dove l’hanno fatto è servito tempo. Se si iniziasse ora forse riusciremmo ad attrezzarci per l’inverno 2024/2025». Bozen Solidale però è scettica. E teme che per risolvere, dato l’elevato numero di migranti presenti o di passaggio, verrà attrezzata una tendopoli, in Zona, ben lontana dal centro città. DA.PA













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