il convegno

Claudia Segre, la manager sabato a Bolzano per discutere di denaro ed emancipazione

La presidente della Global Thinking Foudation partecipa al convegno dell’Aied su “Donne e denaro”. «L’alfabetizzazione finanziaria è un passaggio fondamentale per arrivare alla parità di genere e alla piena indipendenza»



BOLZANO. Il denaro - forse - non fa la felicità. Ma la parità sì. Inteso quella di genere, visto che il denaro è potere e gli uomini vi si aggrappano da millenni anche per ribadirne il possesso nei confronti delle donne.

La questione non è averne di più: la questione è saperlo gestire” dice Claudia Segre. Ed è lungo questa linea di confine che divide chi possiede le conoscenze finanziarie, digitali o la semplice ma allenata capacità di gestire il denaro che corre la più sottile delle differenze.

Che è poi quella che non emerge dalla forma delle cose ma dalla sostanza: accendere personalmente un mutuo, controllare il proprio patrimonio direttamente e con gli attuali strumenti di accesso digitali all’home banking, comprendere le procedure per richiedere un prestito a fronte di mariti, compagni, fidanzati, padri o fratelli che spesso risolvono il problema con una semplice frase: “Metti qui solo una firma, poi ci penso io. Tu non ti preoccupare”.

Lei non si preoccupa. Ma dovrebbe. Claudia Segre ha una intera antologia di casi ormai di scuola in qui il potere maschile si esercita non solo attraverso la disponibilità del denaro ma nell’assenza di una analoga conoscenza femminile della sua gestione.

Secoli di esclusione - scolastica, lavorativa, professionale - stanno ancora relegando la donna nelle periferie delle dinamiche finanziarie. E non a livello imprenditoriale: no, anche semplicemente domestico. Il piccolo cabotaggio del bilancio famigliare, del prestito o dell’uso della carta di credito e dei suoi riscontri anche sul piano del minimo investimento.

Claudia Segre è la presidente della Global Thinking Foudation, è manager, è passato dal dirigere uffici in grandi manche internazionali a produrre studi e ricerche sulla digitalizzazione finanziaria. Ma con un faro puntato sempre sulle differenze di genere e sulle carenze della “alfabetizzazione finanziaria” dell’universo femminile.

Sarà a Bolzano sabato 30 settembre, e sarà protagonista di uno degli appuntamenti centrali della giornata AIED in occasione dei suoi 50 anni di impegno per la parità e la consulenza di genere.

Titolo del convegno: “Donne e Denaro”. Al Cristallo, Segre (alle ore 15) proporrà una relazione con questo titolo: “Per un cambiamento culturale: educazione finanziaria e bilancio di genere al centro di una società inclusiva”, in dialogo con Simonetta Nordio.

Claudia Segre, come siamo messi?

“Come parità di genere o come alfabetizzazione finanziaria delle donne” Tutte e due. “Beh non benissimo. Direi malino. Anche perché le due cose sono molto legate. La prima è frenata anche dalla carenza della seconda”.

Ma che in modo la seconda incide sulla prima?

“Attraverso l’esclusione di tante donne, in Italia ancora la maggioranza, dalla effettiva gestione del denaro. Da un lato, essendoci ancora un differenziale di reddito e di posizione lavorativa tra donna e uomo, è evidente che se la moglie possiede meno dentro del marito o riceve uno stipendio inferiore, il rapporto non sta in equilibrio. Ma poi, pur anche in presenza di questo differenziale, le donne troppo spesso sono escluse dalla normale gestione del denaro e del bilancio famigliare”.

E come si traduce nel concreto questa posizione periferica della donna?

“Anche in vera e propria violenza economica”.

Che sarebbe il corrispettivo economico di quella fisica?

“Meno brutale e orribile, certo ma altrettanto in grado di escludere, di traumatizzare e di cambiare la vita delle persone che ne sono vittime. Ci sono casi in cui l’uomo accende un mutuo cointestato e poi, in decine di casi anche seguiti direttamente da me, se ne va di casa e lascia la compagna o la moglie in balia delle banche. Da qui al divenire “cattiva pagatrice” il passo è breve. Per non parlare dei conti correnti”.

E questo perché accade?

“Per la tradizionale, in moltissimi casi, esclusione della donna dalla conoscenza delle dinamiche finanziarie. “Se ne occupa mio marito” è la frase che spesso capita di sentire negli uffici o nelle banche. Invece è dalla consapevolezza anche di questi processi che passa la conquista di una effettiva parità. Capire l’alfabeto del denaro, saper leggere una comunicazione bancaria, chiedere di essere coinvolta nella gestione famigliare o poterlo fare anche personalmente è il traguardo che le donne devono potersi porre”.

Come si raggiunge?

“Con l’istruzione. Con l’accesso diretto ai processi attraverso la conoscenza delle loro dinamiche. Si tratta di un alfabeto e come tutte le lingue serve impararlo. Ho posto come obbiettivo del mio impegno in questo campo quello di consentire a tutte le donne di assumere il controllo del proprio futuro economico. Di sfruttare le tecnologie finanziarie per colmare il divario di genere”.

Si tratta di una vera inclusione finanziaria?

“E così. Sono stati elaborati programmi anche molto sofisticati ma altrettanto accessibili per aiutare il progresso nell’agenda dell’uguaglianza di genere. L’educazione passa anche dall’alfabetizzazione digitale, visto che è su questo terreno che si muovono ormai tutti gli istituti di credito. Il “fintech”, così si chiama, può portare ad una effettiva capacità di acquisire conoscenze rivolta non solo alle donne in genere ma anche alle imprenditrici. La libertà, nella consapevolezza, di poter decidere del proprio futuro passa sempre più attraverso la capacità di decidere in proprio cosa fare del denaro. La riduzione della diseguaglianza di genere passa anche di qui”. P.CA.













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