Giulio Mastrototaro debutta alla Scala col “Turco in Italia” 

Musica lirica. Il baritono, bolzanino d’adozione, stasera sul palco L’opera di Gioacchino Rossini torna nel tempio milanese dopo 23 anni



Bolzano. «A seguito della mia audizione con il Maestro Riccardo Chailly l’anno scorso presso il Teatro alla Scala mi è stata fatta una doppia offerta: Tosca per l’inaugurazione della stagione 2020/2021 e Turco in Italia nella parte principale di Don Geronio. Una grande soddisfazione per me che ho fatto dell’Opera Buffa il mio repertorio d’elezione». Così Giulio Mastrototaro, baritono trentino-bolzanino-cittadino del mondo, ci spiega come è arrivata la sua scrittura dal Teatro La Scala di Milano per interpretare Geronio, uno dei personaggi principali de “Il Turco in Italia”, dramma buffo di Gioacchino Rossini, che debutterà il 22 febbraio (e sarà trasmessa in diretta su Rai Radio Tre) e resterà in scena fino al 19 marzo. La direzione dell’Orchestra della Scala è affidata a Diego Fasolis e Roberto Andò firma la regia. “Il turco in Italia” torna alla Scala dopo 23 anni. Era stato scritto proprio per la Scala nel 1814 e mancava dall’allestimento Chailly/Cobelli del 1997. Giulio Mastrotoraro è nato a Riva del Garda, ha studiato al Conservatorio di Bolzano e canta in mezzo mondo. Alla Scala è stato Sciarrone nella nuova produzione di Tosca per l’apertura della Stagione 2019-2020. Prossimamente sarà impegnato nella tournée scaligera in Giappone con Tosca, mentre a Firenze sarà impegnato in Lo sposo di tre, marito di nessuna con Diego Fasolis. Gli abbiamo chiesto come si sente nei panni di Geronio. «Don Geronio è un buffo a tutto tondo: ha una forte carica drammatica ed scrittura vocale molto impegnativa perchè sempre insistente nella zona acuta della voce. Qua in Scala oltrettutto abbiamo scelto di comune accordo con il Maestro Diego Fasolis ed il regista Roberto Andò di aggiugere nel secondo Atto l’Aria “Se ho da dirla avrei molto piacere”. È un pezzo solistico che Rossini non aveva previsto nella prima Scaligera del 1814 ma aggiuto successivamente per la ripresa romana del 1815. E' un pezzo con un grande sillabato virtuosistico e quindi sono grato di poterla cantare».

Che distanze pende dalle precedenti interpretazioni?

Ogni volta che interpreto un ruolo già affrontato cerco di sintonizzarmi con l'idea del direttore e regista con i quali collaboro in quel momento: fossilizzarsi su preconcetti o intenzioni interpretative già acquisite è molto limitante e francamente anche poco stimolante.

Come stanno andando le prove? A che punto siete? Che atmosfera si respira in questi giorni in uno ei più importanti teatri d’Italia e d’Europa?

Come spesso accade nelle opere buffe il cast si amalgama in una squadra dove nessuno vuole prevaricare a tutti i costi. Del resto è inevitabile: per far ridere bisogna che tutti gli interpreti remino nella stessa direzione altrimenti si perde quella complicità fondamentale affinchè le gag siano più spontanee e naturali possibili. Del resto far ridere è un lavoro serio! D.M.

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