Gorbaciov, un eroe tragico 

Tra cinema e storia. Ancora per questa sera sera, al Filmclub di Bolzano, lo splendido documentario-intervista firmato da Werner Herzog Il politologo Roberto Farneti: «Per raccontare il ’900 ci si muove spesso tra horror e farsa, ma l’ultimo segretario del Pcus è una figura diversa»


Mauro Fattor


Bolzano. Werner Herzog e Michail Gorbaciov. Un maestro del cinema e un gigante della politica, ultimo presidente dell’Unione Sovietica: il risultato – il film “Herzog incontra Gorbaciov” - è un incontro esplosivo, uno sguardo inedito, lucido e significativo sulla storia del ‘900 e non solo. Dall’infanzia contadina agli studi presso l’Università di Mosca, fino alla rapida ascesa nelle fila del Partito Comunista Sovietico, il documentario è un viaggio tra ricordi, materiali d’archivio e testimonianze d’eccezione che consentono, così, di ripercorrere le tappe salienti della politica degli ultimi decenni. Il film è arrivato in questi giorni anche a Bolzano. Questa sera, 29 gennaio, al Filmclub di via Streiter alle 20.30, l’ultima occasione per vederlo. Il film, che Werner Herzog ha diretto assieme ad André Singer, è una lunga e brillante intervista condotta dallo stesso regista in tre tempi nell’arco di sei mesi con lo stesso ex leader dell’Unione Sovietica. Il quale, all’indomani della riunificazione della Germania diventò per il regista una specie di eroe personale. «I politici all’epoca avevano rinunciato al progetto di riunificazione – dice Herzog. – Se non ci fosse stato Gorbaciov non sarebbe mai successo». Del film e della figura dell’ultimo segretario del Pcus, abbiamo parlato con Roberto Farneti, docente di Scienza Politica all’Università di Bolzano.

Herzog nel film definisce Gorbaciov come una figura tragica. Un uomo solo. All’epoca i russi se ne sbarazzarono in fretta: troppo nuovo per essere un interprete dell’ortodossia e troppo comunista per essere veramente nuovo.

Herzog ha costruito un grande documentario, ha intuito la grandezza tragica di Gorbaciov. Nessun altro politico del Novecento può essere rappresentato con questo registro. Se dovessimo indagare il secolo di Gorgaciov, il secolo breve, sulla base di un registro, di una certa tonalità drammaturgico, ci basterebbero in fondo l’horror e la farsa. Gorbaciov è una figura genuinamente tragica e nessun regista ha indagato questa dimensione, rappresentando figure eroiche e allucinate, come “Aguirre” o “Fitzcarraldo”. Credo che sia questa familiarità con il registro e con la capacità di adattarlo alle res gestae di un'unica grande e solitaria figura che ha permesso di a Herzog di trovare Gorbaciov, come se il politico avesse cercato a lungo chi avesse le parole e i toni per raccontarlo. Ma prima che di Gorbaciov vorrei parlare proprio di Herzog, vorrei approfondire la cosa: ho citato due sue film molto famosi, ma ce n’è un altro, forse meno noto, più sofisticato e difficile, che è “L’enigma di Kaspar Hauser”. Herzog lo ha girato nell’estate del ’74. Pensiamo al clima di quegli anni, l’escalation del terrorismo in Germania a partire dal ’72, escalation che culmina proprio nel ’74 con l’assassinio di von Drenkmann. Nel ’74 si dimette il cancelliere tedesco, Brandt e non dimentichiamo che nell’autunno dello stesso anno si dimetterà Nixon dalla carica di presidente degli Stati Uniti. Se pensiamo a quale fu il grande motore di questi eventi, la guerra fredda, si può capire quale potesse essere il clima in quegli anni. Io ho sempre pensato che il film del ’74 fosse una riflessione sul comunismo. L’ho pensato quando ho letto, molti anni fa “Kaspar Hauser”, il libro di Anselm von Feuerbach (padre del filosofo Ludwig, ndr) che è una delle fonti del film di Herzog.

Probabilmente sono in pochi a ricordare tanto il film quanto il libro...

Penso anch’io. È una storia un po’ leggendaria, di questo giovane uomo che viene trovato nel maggio del 1828 solo, spaesato, per le strade di Norimberga. E l’idea è che sia stato segregato dalla nascita, nessuno gli ha mai parlato, per cui neanche lui sa parlare. Permettetemi una breve citazione: “Escludere qualcuno da ogni contatto con la natura e coi suoi simili mediante un intervento artificioso, e con ciò sottrarlo al suo destino di essere umano e privarlo di tutto il nutrimento spirituale che la natura ha predisposto per la sua formazione e la sua crescita, rappresenta già di per sé, a prescindere dalle conseguenze, una violazione criminosa del bene più sacro e precipuo dell’uomo, la libertà e il destino della sua anima”. Capite quello che voglio dire? In fondo il comunismo è stato anche questo, questa violazione, questo artificio profondamente alienante che un uomo, poco più di 10 anni dopo, cercherà di emendare. E quest’uomo era Gorbaciov, che diventa segretario generale del partito nel 1985. Io penso che sia questo il contesto che ci permette di inquadrare il documentario di Herzog.

Dalla glasnost di Gorbaciov alla democrazia autoritaria di Putin, un passo avanti o un passo indietro? Nel 1989, quando cadde il muro, Putin era nel campo dei perdenti.

A questo punto mi permetto un’altra citazione, questa volta di un dissidente politico, che uso sempre nei miei corsi, e piace molto ai miei studenti: la cosa peggiore del comunismo è quello che viene dopo. La citazione è di Adam Michnik, ed è davvero interessante, ma rende difficile rispondere a questa domanda, perché è difficile stabilire se Gorbaciov sia prima o dopo la fine. Secondo Herzog, gli anni di Gorbaciov costituiscono una specie di interim, Gorbaciov ha provato a dare una direzione agli eventi, a prendere delle decisioni sulla base di calcoli, di valutazioni probabilistiche, ma l’edificio, il comunismo sovietico, era troppo elefantiaco e allo stesso tempo fragile perché fosse possibile governare il cambiamento, per usare una metafora filosofica, ricostruire la zattera in mare aperto. Alla fine la cosa più semplice è stata quella di ricominciare da zero, ma non come altri paesi hanno ricominciato da zero.

In che senso? Anche l’Italia e la Germania dopo la guerra sono ripartite da zero.

Sì certo, ma se si pensa all’Italia, o alla Germania, dopo la caduta rispettivamente di Fascismo e Nazismo, abbiamo due contesti in cui era possibile comunque fare riferimento a un “prima” in cui istituzioni e pratiche democratiche erano vive, si poteva cominciare da lì ed effettivamente si cominciò da lì. Ma non c’era niente prima in Unione Sovietica: c’erano gli zar, c’era la servitù, l’aristocrazia terriera. Non si poteva cominciare da lì, e allora si fece tabula rasa di tutto e si partì da un dato elementare, dal dato più elementare, che è la legge del più forte. Credo sia questo il paradigma per leggere gli anni dopo l’'89. Qui forse il titolo originale del film di Herzog del 74 è davvero rivelatore: "Jeder für sich und Gott gegen alle", ovvero "ognuno per sé e dio contro tutti". Credo riassuma non tanto il clima ma l’antropologia post-sovietica nel suo insieme.

Gorbaciov vedeva l'Europa nel futuro della Russia. Le cose però non sono andate così. Perchè l'Unione Europea, negli anni, non è stata capace di cogliere quest'occasione? Insipienza? Debolezza politica? Frammentazione?

Guardate, coi miei studenti gioco sempre alle sincronicità storiche, gli mostro la prima pagina del New York Times del 9 dicembre del 1991. La grande notizia, il titolone, è la dissoluzione dell’Unione sovietica, poi c’è un articolo più in basso che racconta del consiglio dei membri della futura Unione Europea a Maastricht. Sappiamo quanto sia debole l’Europa oggi, è inimmaginabile che avesse potuto avere un ruolo diverso allora, un ruolo-guida. È un discorso lungo e non esiste nessun consenso tra gli storici riguardo al ruolo dell’Europa in quel processo storico. Non saprei davvero rispondere, ma le sincronicità sono sorprendenti.

Verrebbe quasi da fare un parallelismo tra la Russia dell'ultimo Gorbaciov e la Turchia del primo Erdogan. Anche quella guardava all’Europa ed è finita male.

Sono molto attratto dalle sincronicità, dalle relazioni non causali tra eventi, ma non dalle similitudini, a volte è utile applicare una griglia per leggere il presente, ma è rischioso. Erdogan, a differenza di Gorbaciov, è un autocrate. Gorbaciov è una figura amletica, tragica. Erdogan no, non ha nulla di tragico, è un autocrate con un irrisolto profondo, che è un grande irrisolto per molti nel suo paese, l’impossibile rassegnazione a vivere in un paese normale dopo essere stati un impero, anche se tanti anni fa.

©RIPRODUZIONE RISERVATA.













Altre notizie

Tennis

Sinner torna in campo, nel Principato primo allenamento verso il Roland Garros

Dopo le cure all’anca al J Medical, Il campione di Sesto ha ripreso in mano la racchetta a Montecarlo sotto la supervisione coach Vagnozzi e Cahill. Ma non ha sciolto le riserve sulla sua partecipazione a Parigi (foto Instagram Sinner)

LA SPERANZA Il post di Cahill che fa sperare i tifosi
IL CAMPIONE "A Parigi solo se sarò al 100%"
DOLORE Per il problema all'anca Sinner si affida al centro della Juve
GOSSIP Nuova fiamma per Jannik? Il gossip su Anna Kalinskaya

bolzano

Primo giorno al Lido: con lo "spazio giovani"

Invariate le tariffe. In funzione i due bar, resta chiuso il ristorante. A disposizione i campi di calcetto, basket, beach volley. Andriollo: «C’è un cambio generazionale anche tra gli utenti» (foto DLife)


antonella mattioli

Attualità