Il papavero della mitologia e quello della cultura popolare

Oggi al museo agricolo, l’ originale rassegna che racconta un fiore che non è solo un fiore Il direttore de Rachewiltz: «Un legame profondo con l’universo simbolico alpino e tirolese»


di Gigi Bortoli


di Gigi Bortoli

“Il papavero è anche un fiore”, era li titolo di un film si spionaggio di successo del 1966. Ma le proprietà di questo fiore vanno ben oltre quelle di essere preso quale soggetto di una spy story cinematografica. Le sue prorietà, infatti, sono diverse. Ora, “Mohn - Papavero: Il papavero nella mitologia, nella medicina popolare, nella cucina e nella cultura materiale del Tirolo storico”, è anche un’interessante mostra che vede questo fiore, dai petali vermigli, legato al nostro territorio. Si tratta di un progetto di ricerca del Museo agricolo di Brunneburg diretto da Siegfried de Rachewiltz. L’apertura della mostra è prevista per oggi alle ore 15. Ma per tutta la giornata, a partire dalle 10 fino alle 18 (Festa del papavero e della castagna) verranno offerte cibi tradizionali a base di semi di papavero ( e anche un bicchiere di vino per accompagnarli).

«Da un punto di vista storico culturale – illustra Siegfried de Rachewiltz - il papavero (Papaver somniferum) merita una posizione di rilievo, fosse solo per l’uso che se ne è fatto come pianta da olio, spezia, cibo, medicina e droga. A ciò si aggiunge il ruolo fondamentale che esso ha svolto nella mitologia, nelle credenze popolari, negli usi e costumi, nell’arte e letteratura di quei popoli, la cui storia spesso è stata fortemente influenzata, nel bene e nel male, dalla sua presenza. Il Papaver somniferum cresce nell’arco alpino già dai tempi dell’uomo venuto dal ghiaccio. Per i contadini delle valli tirolesi a partire dal medioevo esso rappresenta un ingrediente essenziale per quelle pietanze particolari, che nel corso dell’anno esaltavano le occasioni ed i tempi di gioia e di festa».

E questa cultura del papavero come sopravvive oggi?

«I cambiamenti radicali che hanno investito l’agricoltura e la sua economia anche nelle zone alpine negli ultimi 50 anni, non hanno lasciato indenne la tradizionale cultura del papavero, che nelle nostre valli viene ormai coltivato quasi come un esotico relitto di altri tempi. Prendendo come spunto la documentazione etnografica raccolta dal Museo Agricolo di Brunnenburg negli anni 1970 e ‘80, sedici autori ed autrici si sono confrontati , nell’ambito del nostro progetto di ricerca (Mohn/Papaver) con diversi aspetti della variegata e multiforme cultura del papavero».

Cosa è scaturito da tale confronto?

«Siccome sul nostro territorio vivono ancora persone che hanno coltivato il papavero nei loro campi e giardini e che conoscono gli attrezzi e gli usi e costumi associati ai cibi preparati con i suoi semi, è stato possibile raccogliere una notevole messe di tradizioni orali che lo riguardano. Il tema è stato affrontato anche da un punto di vista storico, botanico, artistico e farmacologico. Un contributo durevole della ricerca sul campo è rappresentato dall’inventario di tutti i pestapapaveri – attrezzi tipici di queste valli, spesso notevoli opere d’arte popolare – conservati in musei e collezioni a Nord e a Sud del Brennero. Da ciò scaturiscono nuove possibilità di ricerche nel campo dell’etnografia alimentare e nello studio degli attrezzi».

Quale lo spazio che il papavero trova ancor oggi nella cucina?

«A tale proposito si è cercato di evocare almeno in parte l’ampio spettro di piatti regionali ed internazionali a base di semi di papavero, perlopiù sconosciuti all’odierna cultura alimentare: una riscoperta del papavero da parte dell’arte culinaria ci sembra più che auspicabile. Sia che facesse parte delle delizie festive, sia che accompagnasse le semplici pietanze dei periodi di digiuno, una cosa è certa: per centinaia di anni bambini ed adulti si sono ugualmente rallegrati della bellezza di papaveri in fiore e hanno condiviso, per una vita intera, la nostalgia per quelle rare pietanze dolci e appaganti. Per dirla con le parole di una bimba undicenne della Val Venosta, fissate in un compito scolastico in tempi di guerra (1941): Quando fioriscono, è una gran bella cosa...peccato che la mamma frigga Krapfen solo ad ogni morte di papa».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Altre notizie

Attualità