LETTERATURA

Il Premio Calvino alla bolzanina Maddalena Fingerle 

La scrittrice vince il più importante concorso italiano per esordienti “Lingua madre” ha convinto la giuria in cui sedevano anche Helena Janeczek e Nadia Terrano. Sullo sfondo del romanzo ci sono anche le ipocrisie della realtà altoatesina-sudtirolese


MARZIO TERRANI


Bolzano. “Lingua madre” della bolzanina Maddalena Fingerle è l’opera vincitrice della XXXIII edizione del Premio Italo Calvino. Considerata la qualità delle opere finaliste, sono state inoltre assegnate due coppie di menzioni speciali della Giuria: la prima coppia di menzioni va a “Oceanides” di Riccardo Capoferro e a “Il valore affettivo” di Nicoletta Verna; la seconda coppia di menzioni va a “Schikaneder e il labirinto” di Benedetta Galli e a “Vita breve di un domatore di belve” di Daniele Santero. La menzione speciale Treccani viene attribuita a “Giardino San Leonardo” di Gian Primo Brugnoli. Il romanzo vincitore e le menzioni speciali sono stati proclamati ieri 22 giugno dai Giurati Omar Di Monopoli, Helena Janeczek, Gino Ruozzi, Flavio Soriga e Nadia Terranova, durante una diretta streaming in collaborazione con il Circolo dei lettori di Torino. Il direttivo del Premio ha infine insignito l’opera non finalista “Il Tullio e l’eolao più stranissimo di tutto il Canton Ticino” di Davide Rigiani di una menzione speciale del Direttivo. La Giuria ha deciso di assegnare il Premio a “Lingua madre” di Maddalena Fingerle con la seguente motivazione: «un romanzo compatto di grande maturità che riesce nella sfida di tenere insieme leggerezza e profondità, affrontando con piglio holdeniano e stile impeccabile il complesso tema della parola tra pulizia e ipocrisia nel singolare contesto del bilinguismo altoatesino».

Il Premio Italo Calvino è stato fondato a Torino nel 1985, poco dopo la morte di Italo Calvino, per iniziativa di un gruppo di estimatori e di amici dello scrittore, tra cui Norberto Bobbio, Cesare Cases, Anna Chiarloni, Natalia Ginzburg, Massimo Mila, Lalla Romano, Cesare Segre. Calvino, com’è noto, ha svolto un intenso e significativo lavoro editoriale per l’Einaudi; l’intenzione è stata, quindi, quella di riprenderne e raccoglierne il ruolo di talent scout di nuovi autori: di qui, l’idea di rivolgersi agli scrittori esordienti e inediti, per i quali non è facile trovare un contatto con il pubblico e con le case editrici. Il Premio ha impostato la propria attività seguendo gli stessi criteri che hanno guidato Calvino: attenzione e equilibrio, gusto della scoperta e funzione critica. Ideatrice del Premio e sua animatrice e Presidente fino al 2010 è stata Delia Frigessi, studiosa della cultura italiana tra Ottocento e Novecento. Attuale Presidente del Premio è Mario Marchetti. Maddalena Fingerle ha 27 anni. Nata e cresciuta a Bolzano, dopo la maturità classica si è spostata a Monaco per studiare germanistica. Ora sta seguendo un dottorato di ricerca in italianistica sulle strategie di evasione in Torquato Tasso e Giovan Battista Marino. Bolzano e l’Alto Adige abitano il suo romanzo e le due lingue sono il nucleo del racconto. Sempre con uno sguardo critico rispetto alla realtà altoatesina. «Dipingo Bolzano con i colori del dubbio, della paura e dell’ossessione - dice l'autrice - Sono parti che esaspero non perché ho qualcosa contro Bolzano e il suo bilinguismo, anzi, ma per far emergere l’ipocrisia e la retorica di quel finto bilinguismo, a volte addirittura trilinguismo, che spesso emerge e che è davvero un peccato». Protagonista del romanzo vincitore del “Calvino” è Paolo Prescher, anagramma di “parole sporche”, che vive in relazione a un’ossessione: le parole devono essere pulite e non sporche. Per questo le lingue sono forse ancora più protagoniste di lui. Si sporcano quando non dicono quello che devono dire, quando non sono sincere, quando qualcuno con cui il protagonista è in conflitto le pronuncia. Gli oggetti e il mondo di Paolo sono le parole. Il padre soffre di mutismo, quindi c’è anche la lingua nella sua assenza. Sullo sfondo il paradosso altoatesino-sudtirolese. «A me piacciono tanto le città con un carattere linguistico definito, riconoscibile all’interno di un dialetto, per esempio. A Bolzano questo aspetto non credo ci sia o comunque è molto debole, almeno per l’italiano - dice ancora Maddalena Fingerle - perché per il dialetto sudtirolese tedesco il discorso è molto diverso. Diciamo che se a Bolzano si parlasse qualcosa come il romanesco, il siciliano o il napoletano mi piacerebbe tantissimo. Poi se al posto delle montagne ci mettessimo pure il mare sarebbe perfetta». Una lingua poco definita e troppo pura, nell’universo letterario dell’autrice, diventa quasi l’emblema di un’identità debole e incerta, riflesso di un’ esperienza che per decine di migliaia di bolzanini, è la quotidianità.

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