“Parole del tempo”, cinque scrittori contro l’indifferenza 

Freschi di stampa. Alphabeta pubblica il secondo volume della fortunata collana bilingue In campo Eraldo Affinati, Marco Balzano, Claudia Durastanti, Helena Janeczek e Giacomo Sartori Il curatore Giovanni Accardo: «Bisogna reagire alla rimozione collettiva di empatia e solidarietà»


Marzio Terrani


Bolzano. Dopo la prima raccolta di racconti, pubblicata nel 2019 e tradotta in tedesco nel 2020, che aveva per tema il risentimento, arriva in questi giorni in libreria il secondo volume della collana bilingue “Parole del tempo/Zeitworte”, questa volta dedicato all’indifferenza.

In contemporanea col volume curato da Giovanni Accardo e pubblicato da Edizioni alpha beta Verlag di Merano, che ha ideato la collana, esce un analogo volume con cinque racconti in lingua originale di scrittori di lingua tedesca (Marica Bodrožič, Tanja Raich, Monique Schwitter, Clemens J. Setz e Daniel Wisser), in co-edizione con Limbus Verlag di Innsbruck e curato da Anna Rottensteiner. Entrambi i libri verranno tradotti tra un anno nella lingua dell’altro. L’obiettivo della collana e dell’intero catalogo è quello di mettere a confronto due lingue e due culture, grazie alla particolarità della nostra terra, l’Alto Adige/Südtirol, dove la casa editrice opera e nella quale queste due culture convivono, confinano e si confrontano.

Come scrive Accardo nell’introduzione: «Se da un lato il rancore sembrerebbe costituire l’humus prevalente in cui affondano e germogliano tantissimi commenti che quotidianamente affollano i social-network, ma anche talune trasmissioni televisive che pretendono di indagare le principali problematiche del momento, trasformandosi invece in luoghi di risse e offese. Dall’altro lato, ci sembra che oggi l’indifferenza, anche nella sua forma patologica della depressione, guidi e condizioni lo sguardo di molte persone verso le tragedie del presente, in una sorta di rimozione collettiva e nell’assoluta mancanza di empatia e solidarietà».

Il tema dell’indifferenza, nelle sue diverse forme, attraversa la letteratura del Novecento, a partire dalla figura dell’inetto, privo della necessaria volontà che lo spinga ad agire, sospeso tra abulia, pavidità ed egoismo. E poi abbiamo la “divina indifferenza” che il Montale degli Ossi di seppia individua come unica difesa al male di vivere, l’indifferenza come simbolo della crisi della famiglia borghese ne “Gli indifferenti” di Moravia, fino alla stanchezza e il disgusto di vivere di Edgardo Limentani nel breve romanzo di Bassani “L’airone”. Con questo tema e con questa tradizione letteraria si sono confrontati Eraldo Affinati, Marco Balzano, Claudia Durastanti, Helena Janeczek e Giacomo Sartori, i cinque scrittori che hanno raccontato la seconda “parola del tempo” e di cui ora è possibile leggere i racconti.

L’indifferenza di cui narra Eraldo Affinati nel racconto Scudi a terra è quella a cui l’hanno educato i genitori, che organizzano la propria vita attorno al loro negozio di abbigliamento al minuto, senza dare spazio ai ricordi, all’affetto, alle emozioni.

I protagonisti del racconto Mimì di Marco Balzano, invece, sono due fratelli nati in un paesino tra le province di Benevento e Caserta: Mimì, che diventerà anestesista, e Antonio, che si arruolerà nella polizia penitenziaria. Entrambi cercheranno nell’indifferenza un rifugio. «Ogni sera i maghi in televisione guarivano un malato tirandogli fuori dei pezzi di carne dalla pancia». Si apre con questo incipit il racconto di Claudia Durastanti, I maghi in televisione, immagine allegorica di un mondo malato che si annida non solo nelle trasmissioni televisive, popolate da santi e santoni che spesso si trasformano in clown, ma anche nello spazio metamorfico e onnicomprensivo della Rete, dove quello che manca è la cura, la dedizione agli altri. Costruito su più piani temporali, il racconto di Helena Janeczek, Tappata in casa, ma bene, prende l’avvio da un ricordo che Chiara, amica e compagna di studi, riporta alla memoria della protagonista.

Chiara vive a Bologna, la protagonista nella Londra della Brexit, i suoi genitori in Lombardia; ognuno di loro affronta nel proprio luogo di residenza e dal proprio punto di vista le emozioni del lockdown della scorsa primavera, quel blocco momentaneo della vita segnato da paure e aspettative.

Cosa succede quando un matrimonio o una lunga storia d’amore finisce? Come ci si difende dai ricordi che continuamente ti assalgono e tu nel frattempo hai una nuova compagna che da quei ricordi è decisamente infastidita? Forse con l’indifferenza? Sono le domande attorno a cui ruota il racconto di Giacomo Sartori, Dimenticando l’alito di trenino elettrico.

«Ciascuno degli scrittori e delle scrittrici presenti in questa nuova antologia», conclude Giovanni Accardo, «ha messo in scena in modi diversi questo sentimento del nostro tempo, offrendo ai lettori un piccolo repertorio delle sue possibili manifestazioni. Tuttavia nessuno di loro ha voluto formulare teorie sociologiche o piscologiche, essi piuttosto hanno affrontato questo complesso stato d’animo con gli strumenti della letteratura, cercando la lingua e lo stile più adatti per dare forma narrativa al proprio immaginario».

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