Il LIBRO

Si fa presto a dire... Casanova. Una biografia riscrive il mito 

Alessandro Marzo Magno ripercorre la vita intensa e avventurosa del celebre veneziano andando oltre i luoghi comuni. «Sciupafemmine ok, ma fu anche molto altro: scrittore, viaggiatore e persino influencer ante litteram»


Giuseppe Di Matteo


Bolzano. Sciupafemmine, d’accordo. Ma Giacomo Casanova (1725-1798) era molto più di un dongiovanni impenitente. Veneziano anzitutto, e nel ‘700 non è un dettaglio: la Serenissima non ha più il ruolo politico e militare di un paio di secoli prima ma mantiene il suo prestigio culturale, anche grazie ad altri personaggi illustri come Carlo Goldoni (1707-1793). E poi: letterato (scrive una quarantina di opere e nel 1788 dà alle stampe Icosameron, un romanzo che oggi considereremmo di fantascienza), giocatore d’azzardo, buona forchetta. Viaggiatore: sono un centinaio le città che Casanova visita in Europa offrendo la sua personalissima versione del Grand Tour. E sa anche raccontarsi. Lo fa, da influencer ante litteram, nell’Histoire de ma vie, scritta in francese perché quella lingua è più spendibile della sua. Non solo un’autobiografia (tra le prime in Europa): «l’Histoire è una delle più importanti fonti storiche del ‘700», sottolinea Alessandro Marzo Magno in Casanova, edito da Laterza (319 pp., 20 euro), biografia robusta, oltre che saggio assai godibile, che ci mostra il celebre personaggio veneziano in ogni sua sfaccettatura e spoglia il XVIII secolo della sua aura seriosa. Quello di Casanova è certamente il secolo della ragione, ma sa essere anche gaudente ed è intriso d’un amore più giocoso rispetto a quello dei secoli successivi.

Marzo Magno, è così o si rischia di esagerare?

«No, quella di Casanova è una delle figure più interessanti dell'intero ‘700. È stato anche un discreto matematico e aveva cognizioni mediche tanto approfondite – ignoriamo come le avesse acquisite – da essere in grado di guarire se stesso e gli altri, per esempio salvandosi la mano destra trapassata da un proiettile a causa di un duello che ben quattro medici volevano amputargli. L’aspetto del seduttore, che indubbiamente esiste nelle sue memorie, è stato enfatizzato nell’Ottocento per vendere meglio l’opera».

Che personaggio è Casanova?

«Se dobbiamo usare una parola soltanto, quella che maggiormente lo descrive è: malinconico. Pur tra i luccichii di una vita spesso brillante, condotta tra le corti e i palazzi aristocratici di mezza Europa, il personaggio Casanova è intriso di tristezza, di malinconia. Lungo tutta la vita si strugge per non essere accettato nella classe sociale della quale si sentiva di far parte e con la quale aveva intense frequentazioni, ovvero la nobiltà. Chi ha capito più di tutti questa dimensione è stato Federico Fellini: nella sua trasposizione cinematografica della vita di Casanova tratteggia un personaggio estremamente malinconico».

Casanova viaggiò moltissimo. Dai suoi viaggi si potrebbe ricavare una guida turistica?

«Il veneziano visita oltre un centinaio di località per 213 volte, poiché in molti luoghi torna una o più volte. Vede città, castelli, e molti posti termali che nell'Europa dell’epoca costituivano un po’ il ritrovo estivo della buona società. Racconta di alberghi, di locande, alcuni dei quali esistono ancora oggi, come l'Hotel de Balances, di Ginevra, oggi un modesto due stelle; ma al tempo era stato il luogo dove l'unico vero amore della sua vita, la francese Henriette prima di lasciarlo per sempre scrive con un diamante su un vetro “Tu ti dimenticherai anche di Henriette”. E invece no, non la dimenticherà mai».

Il suo saggio offre uno spaccato interessante dei luoghi in cui Casanova visse. A cominciare da Venezia…

«Nonostante ci abbia vissuto poco, la sua città natale è sempre presente nell’opera di Casanova, che fino alla fine dei suoi giorni si definirà “veneziano”. È una città libertina, quella che Giacomo ci descrive, dove il sesso, sia etero che omo, era liberamente praticato, dove i confini tra prostituzione e sesso per puro piacere erano molto più labili di oggi, spesso inesistenti. Una città dove si gioca moltissimo d'azzardo, come un po’ dappertutto nell’Europa del tempo, ma con una particolarità: la Serenissima è la prima a dotarsi, già dal 1638, di una sala da gioco pubblica: il Ridotto, di fatto il primo esempio di casinò, chiuso proprio nel 1774, ovvero quando Casanova torna nella sua città natale dopo il diciotto anni di assenza forzata causata dalla sua fuga dai piombi, la prigione collocata nel sottotetto di palazzo Ducale».

 













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