«Ho battuto lo stretto di Bering»

Paolo Chiarino vive a Caldaro e ha partecipato alla traversata a nuoto dalla Russia all’Alaska


di Marco Marangoni


BOLZANO. L’attraversamento del leggendario stretto di Bering tra Russia e Alaska è considerato da sempre un’impresa al limite delle possibilità umane e burocratiche. Tralasciando le sporadiche crociere e la costosissima, nonché rarissima, opportunità di noleggiare un velivolo della Bering Air, per passare dal continente americano al Circondario autonomo della Chukotka in Russia non ci sono altri mezzi ufficiali. L’attraversamento degli 86 chilometri dello stretto scoperto nel 1728 dal danese Vitus Bering, su incarico di Pietro il Grande che voleva sapere se l’America e l’Asia fossero collegate, resta un tabù che per il momento è destinato a restare tale. In mezzo le isole di Diomede, una russa, disabitata, una americana con poche anime. Nel gennaio del 1996 avevano tentato gli attrezzati camion di Overland. Erano partiti da Roma con destinazione New York ma la banchisa aperta per circa cento metri ha impedito l’attraversamento dovendo così ripiegare sul ponte aereo. Negli anni pochissime persone sono riuscite ad approdare sulle coste dell’Alaska a bordo di una jeep adattata con gommoni laterali o col kitesurf ma dopo tanta fatica sono state accolte da infiniti problemi burocratici (persino arrestate).

Chi, invece, è riuscito ad attraversare lo stretto sfidando, a nuoto e senza indossare la muta, uno dei mari più pericolosi del pianeta ma anche onde, orche marine, freddo, nebbia che scende in pochi minuti, temperature glaciali, e soprattutto senza guai burocratici quando è arrivato dall’altra parte della terra, è Paolo Chiarino. Genovese di nascita, classe 1966, cresciuto nell’ambiente della pallanuoto, da alcuni anni altoatesino d’adozione per motivi di lavoro essendo responsabile finanziario della Vist di Caldaro. Chiarino era tra i componenti di una staffetta internazionale supportata dal governo russo che ha messo a disposizione due navi (una ospedale, l’altra di supporto) della propria Marina Militare. Oltre ad essere l’unico italiano ad entrare nel Guinness dei primati (con tanto di certificazione) per questa storica, straordinaria ed irripetibile impresa, Chiarino è anche uno dei migliori interpreti su scala mondiale sia di ice swimming (nuoto in acque gelide, cioè sotto i 5 gradi) che di kryathlon (nuoto in acque gelide, corsa e sci nordico). Ora si sta avvicinando allo Swimrun, sport dove si corre e si nuota con l'obbligo di mantenere sempre lo stesso abbigliamento (muta e scarpe da corsa). Pioniere dell’ice swimming è il meranese Thomas W.Kofler insignito del Triple Crown, riconoscimento natatorio mondiale più ambito, dopo aver attraversato la Manica, circumnavigato l’isola di Manhattan e attraversato lo stretto di Catalina in California. La sua prossima impresa sarà risalire il fiume Houdson in sette giorni. L’International Ice Swimming Association, per la quale Chiarino è ambasciatore, ha invitato la federazione mondiale di nuoto (Fina) per assistere ai Mondiali di Murmansk sulla distanza dei 1000 metri con l’obiettivo di far diventare questo sport olimpico ai partire dai Giochi di Pechino del 2022.

Come è nato il progetto di attraversare a nuoto lo stretto di Bering?

Diciamo che partecipando ad alcuni eventi in Repubblica Ceca e Lettonia sono diventato amico dei russi i quali mi hanno poi chiesto di partecipare a questa staffetta internazionale di 13 Nazioni. Il progetto è stato promosso dalla Russia che ha anche sostenuto gran parte dei costi davvero molto elevati.

Ci racconti la sua esperienza?

Siamo partiti da Cape Dezhnev in Russia e siamo arrivati a Cape Prince of Wales in Alaska. Doveva essere una traversata di tre giorni, alla fine è durata sei con 132 chilometri percorsi anziché i previsti 86. Tutto a causa delle correnti, nebbia e trichechi che ci hanno fatto cambiare rotta. Ognuno nuotava circa 10-15 minuti. Ho nuotato 12 volte e sono stato uno dei 15 (gli altri 30 si sono ritirati) a dare cambi regolari. È stata un’impresa unica che ha provocato emozioni che difficilmente dimenticheremo come all’arrivo quando la piccola popolazione locale non capiva chi fossimo.

Ci sono stati momenti di paura, di non riuscire a completare l’impresa?

Uno in particolare. Un giorno, conclusa la mia frazione, sono risalito sul gommone che seguiva il nuotatore impegnato in acqua ed a bordo c’erano anche alcuni dei successivi staffettisti, i giudici ed i sub di assistenza. E la nebbia era così fitta che abbiamo perso contatto visivo con la nave. Abbiamo provato con allarmi sonori e lampeggianti, ma niente. Solo grazie al Gps siamo riusciti a ritrovare la nave e quindi a salvarci. Ma ci sono stati tanti altri stop durante la traversata: uno a causa di una violenta tempesta e della fortissima corrente da sud che ci faceva nuotare in circolo con il rischio di finire in pieno oceano Artico.

Come si recupera dopo una nuotata in acque gelide?

Durante l’attraversata dello stretto di Bering salivamo sul gommone vestiti con abbigliamento da sci perché la temperatura esterna era molto bassa e le onde alte ci bagnavano completamente ancora prima di entrare in acqua. Una volta arrivati sulla nave serviva una buona ora per recuperare dal freddo. Facevamo docce bollenti, quindi entravamo in sauna. Le visite mediche obbligatorie (elettrocardiogramma, pressione e temperatura corporea) servivano per avere l’autorizzazione a nuotare il turno successivo.

Sfide future?

Il mio sogno è nuotare in Antartide dove la temperatura dell'acqua è di zero gradi.

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