Il presidente  “illuminato” che ha lanciato l’Alto Adige  

Calcio. L’imprenditore gardenese ha guidato il club dal 1997 al 2006 Durante la sua gestione la promozione dalla serie D all’allora serie C2 Il sogno, accarezzato in un paio di occasioni, di portare la squadra in C1 si realizza nel 2010, un anno prima della sua prematura scomparsa


FILIPPO ROSACE


Bolzano. «Patente e libretto prego…lo sa che lei ha vinto?». «Ah sì? E chi è arrivato secondo?». Ironico, coraggioso, intraprendente Leopold Goller. Il Presidente che ha riportato il calcio altoatesino nell’olimpo del professionismo, porta il nome ed anche il cuore di un imprenditore edile gardenese: Leopold “Leo” Goller, al quale, per definirne pienamente le caratteristiche, bisogna aggiungere anche l’inesauribile e profonda dote di umanità.

Lepold Goller è stato il protagonista che ha avviato il ciclo vincente dell’Alto Adige, permeando gli uffici della sede di via Laghetto a Bressanone, ed ogni centimetro quadrato di territorio calpestato, con quel suo fare bonario, risoluto e deciso nel gestire l’azienda calcio targata Alto Adige.

Il primo Alto Adige

L’aneddoto iniziale rappresenta un momento di vita vissuta dall’imprenditore-presidente, stoppato dalla Polizia ad un posto di blocco mentre era al volante della sua roboante Porsche. Goller amava raccontare l’episodio non per specchiarsi nel riflesso lussuoso della fuoriserie, ma piuttosto per spiegare con una battuta che nella vita ogni ostacolo andava affrontato con la necessaria dote di spirito e di ironia. Requisiti che tracciarono il percorso di “Leo” Goller nei suoi dieci anni di presidenza dell’Alto Adige. «Goller uno di noi» ritmavano i tifosi sulle tribune del Druso, e ne avevano ben donde perché il “presidentissimo” non si è mai sottratto al contatto (ed in alcuni casi anche al confronto) di quello che ha rappresentato il pionierismo del tifo biancorosso, composto sia sui gradoni del Comunale di Bressanone che anche su quelli del Druso bolzanino. Nei rapporti con i tifosi, Goller era sempre pronto ad offrire un “ciao”, un abbraccio, una stretta di mano, un bicchiere. È stato il presidente di tutti, comprendendo in questo piccolo mondo giocatori, tecnici, dirigenti, collaboratori, tifosi e gente comune. Lepold Goller sapeva ascoltare, discutere, confrontarsi ed infine decidere. Sapeva lasciare ampia autonomia nella gestione del lavoro altrui, ma nello stesso tempo “pretendeva” i risultati promessi o per meglio dire pianificati.

Presidente - innovatore

Per il nuovo Alto Adige, Goller non si limitò soltanto a far da garante all’idea calcistica ma intervenne, con il necessario intuito e sensibilità, in ogni singolo settore dal campo al marketing. Già il marketing. L’imprenditore ebbe il “fiuto” e l’intuito di avviare uno spaccato aziendale nel corso di una tarda serata del giugno 1998, quando, durante un Cda svoltosi a Bressanone, decise che il suo Alto Adige dovesse avere le caratteristiche di una società moderna e funzionale, “benedicendo” così e con coraggio il primo piano di comunicazione e marketing. «Quanto costa e quanto possiamo incassare?», fu la domanda di Goller che tolse dall’imbarazzo il resto del Consiglio. Gli fu esposta una forbice di potenzialità che comprendeva anche lo zero assoluto. Il rischio imprenditoriale stava tutto lì e la risposta di Goller rimase in stand by per una manciata di secondi, per poi echeggiare decisa: «Partiamo!». L’idea di marketing s’impose grazie all’intuito e la temerarietà di Leopold Goller che, anche in quel caso, dimostrò la fattibilità dei risultati, anche quelli più difficili da centrare. L’imprenditore gardense fu un presidente decisionista, virtù che permise all’Alto Adige di volare alto soprattutto negli anni della serie D e del professionismo. Il buon “Leo” fu un presidente visionario: da buon imprenditore sapeva che bisognava rischiare se si volevano ottenere, da subito, risultati apprezzabili ed in ogni settore partendo dal campo, all’immagine ed alla sponsorizzazione. E Goller seppe muoversi con abilità in mondo per lui tutto nuovo. Alcuni attribuirono questa sua intraprendenza alla sua estrazione territoriale, ovvero al suo essere gardenese. Territorio a parte, bisogna dire che Goller fu un presidente che seppe esibire un valore aggiunto fondamentale: quello di saper curare meticolosamente i rapporti personali ed interpersonali, con i tesserati, con la politica, con la gente comune. È stato il presidente del dialogo, colui che ha saputo consegnare il professionismo all’Alto Adige dopo vent’anni di oscurantismo, condendo l’impresa con quella semplicità che faceva parte del suo essere uomo, imprenditore e presidente. Nulla si raggiunge per caso. Soprattutto nel calcio. Quando il “presidentissimo” si presentò per la prima volta alla stampa da massimo rappresentante del sodalizio (Hotel Laurin, luglio 1997) lo fece esibendo quel profilo basso che avrebbe rappresentato il filo rosso del suo mandato. Non fu un presidente esibizionista, anzi tutt’altro. Qualità espresse nelle semplici parole rivolte a Marcello Lippi (nel settembre del 1999 i biancorossi giocarono un’amichevole alla Pinetina, ndr) formulando la garbata richiesta al tecnico neroazzurro di poter posare in una foto con il figlio Omar. Una richiesta diretta e senza intermediari.

Disponibile e cordiale

Goller, secondo presidente dell’Alto Adige, è stato un dirigente che non si è mai sottratto ad una domanda, anche quella più scomoda. Ci ha sempre messo la faccia, arricchita da quel sorriso bonario che rappresentava il passe-partout con il quale riusciva ad aprire le porte del dialogo e del buon senso.

«Ricordo che entrai nel direttivo insieme al mio amico Lepold Goller…anzi fu lui a entusiasmarmi all’idea chiedendomi di fare qualcosa insieme – dichiara Hans Krapf, vicepresidente dell’Alto Adige –. Leopold seppe avviare un’idea semplice ma precisa…e se dopo venticinque anni vedo quello che è stato realizzato posso solo dire che quell’idea è stata un’idea successo, e per tutta la provincia! Per creare e fare bisognava metterci tanto impegno. Ricordo che agli inizi ridevano tutti, nel senso che non si fidavano né del progetto e neanche delle nostre ambizioni. Ci ripetevano “ma cosa volete…siete in promozione…cosa vogliono questi due (Krapf e Goller, ndr) che capiscono poco di calcio”, insomma c’era tanta diffidenza perché ci vedevano come una mosca bianca. Nessuno però aveva pensato alla forte passione che sosteneva Goller ed il sottoscritto nel provare fare qualcosa per il calcio altoatesino».

“Leo” Goller ha saputo offrire un sorriso anche negli ultimi anni del suo mandato, stagioni in cui aveva cominciato a “dialogare” con un avversario maligno che alla fine, purtroppo, vinse la partita più importante: quella con la vita.

L’eredità

Cosa rimane dell’esperienza vissuta da Leopold Goller? L’imprenditore gardenese ha trasmesso un’eredità importante, fatta di atteggiamenti, visioni ed anche relazioni. E’ stato colui che ha posto le basi a quel progetto Alto Adige che, a tutt’oggi, veleggia a tutto tondo, ammirato e rispettato dal mondo del pallone nazionale. Goller non fu un cavaliere solitario bensì un indomito condottiero che si pose a capo di un’armata di pionieri, brandendo le armi delle idee, delle emozioni, delle aspirazioni ed anche del sano patriottismo.

«Il nostro impegno principale – amava ripetere Goller – è quello di riuscire a valorizzare il patrimonio del nostro Alto Adige, fatto di giovani che hanno scelto lo sport come importante percorso di vita. Lo sport altoatesino ha campioni assoluti nell’ambito dell’hockey, dello sci, nei tuffi ed in tante altre discipline…per cui è venuto il momento di farli crescere anche nel mondo del calcio!». Impegno che trovò una delle sue massime espressioni nella stagione 2009-2010 quando l’Alto Adige conquistò la promozione in C1 esibendo in organico ben dieci calciatori altoatesini. Da lassù Goller avrà sicuramente osservato compiaciuto, ostentando l’immancabile, carismatico ed avvolgente sorriso bonario.

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