Laura, la prima presidente donna

Bolzano. Il salto nel passato ci porta al 1970, a mezzo secolo fa, quando un’elegante signora bolzanina diventa la prima “presidente donna” di una società di calcio in Italia, facendo crollare un...



Bolzano. Il salto nel passato ci porta al 1970, a mezzo secolo fa, quando un’elegante signora bolzanina diventa la prima “presidente donna” di una società di calcio in Italia, facendo crollare un tabù non di poco conto, visto che il mondo del pallone, a quel tempo, è considerato ambiente prettamente maschile, una sorta di “riserva” da parte di chi si ritiene conoscitore esclusivo della materia calcistica. La "seconda ondata" del femminismo, che si diffonde in Italia a partire dal 1968, non tocca più di tanto lo sport. L’attenzione riguarda soprattutto altri settori. Si parla di "seconda ondata" perché l'attenzione non viene posta più sulla richiesta di uguaglianza e assimilazione al mondo maschile, come avveniva per le prime rivendicazioni femministe durante l'Ottocento, ma proprio sulle differenze. Si vuole costruire una società che tenga conto delle peculiarità femminili garantendo allo stesso tempo l'uguaglianza dei diritti. Il nuovo pensiero femminista identifica le differenze sessuali e biologiche come base della discriminazione, peculiarità che si traducono poi in differenze sociali e culturali, relegando la donna a un ruolo subalterno. Mentre a livello nazionale sale l’attenzione nei confronti dei diritti delle donne, a Bolzano c’è chi accetta una sfida importante, unica nel suo genere.

La Signora Laura Anselmo Bertagnolli, giovane, piena di entusiasmo e passione assume la carica di presidente di una società di calcio. E' la prima in Italia. E' destinata a scrivere un'importante pagina di storia del Bel Paese, segnatamente al capitolo "Conquiste femminili". La Signora Laura accetta di guidare l’Associazione Sportiva Imperial Bolzano, andando oltre una serie di pregiudizi e stereotipi, che l’hanno poi accompagnata - per qualche anno - nell’esercizio delle sue funzioni.

“E’ stato un inizio in punta di piedi – ricorda Laura Bertagnolli -, piano piano mi sono appassionata sempre più, innamorandomi della società e del calcio. Ho guidato l’Imperial per vent’anni, insieme ad un gruppo di preziosi dirigenti, tecnici, giocatori e collaboratori”.

La società neroverde ha fatto crescere generazioni intere di ragazzi in un ambiente sereno e familiare, in cui sono maturati prima di tutto come uomini. Il calcio, in quegli anni, era una preziosa “scuola di vita”, oltre che sport di massa.

“Non dimentichiamo - ricorda - che non c’erano particolari possibilità e offerte, quindi in calcio era lo sport praticato da buona parte dei ragazzi. Non scordiamo poi alcune piaghe sociali del tempo, come ad esempio la droga. Lo sport è stato sicuramente uno degli strumenti principali per tenere i giovani distanti da certi pericoli. Siamo sempre andati avanti felici, con risorse modeste, svolgendo un ruolo sociale significativo e facendo anche tanta solidarietà, in modo particolare con progetti mirati in Kenya e a Cuba”.

L’A.S. Imperial ha accompagnato tanti ragazzi nel processo di crescita e ha formato e lanciato ai massimi livelli dell’Italcalcio un bambino gracile con un innato senso del gol: Stefan Schwoch. “Stefan è cresciuto con noi, nella nostra grande famiglia. E’ stato avviato al calcio dall’A.S. Imperial sul polveroso campo in terra battuta e sassi di via Montecassino. E' maturato e ha fatto tanta strada, sempre a suon di gol segnati. Sono orgogliosa della sua carriera”.

La Signora Bertagnolli, ricordando il suo passato non nasconde le difficoltà incontrate, frutto soprattutto del retaggio culturale di quel tempo: “All’inizio fu molto difficile, ma tirai avanti senza badare ai giudizi degli altri. Andai avanti con forza e determinazione, con il piglio giusto e con modestia. Ho dedicato vent’anni al calcio e all’Imperial Bolzano, lasciata solo nel 1990, quando cambiarono gli scenari”.

La “Signora Laura” (così la chiamavano i suoi giocatori e collaboratori), donna dinamica, moglie e madre (tre figli) intraprendente, raccolse la sfida con coraggio e con un po’ di spregiudicatezza. La Gazzetta dello Sport le riservò un ampio servizio e il suo nome rimbalzò in tutto il Paese. Fece notizia una signora alla presidenza di una società, in un calcio “riserva di caccia” maschile. “Cinque lustri trascorsi a bordo campo – aggiunge Laura Bertagnolli-, spesso e volentieri, in panchina: con il sole, con la pioggia, con il vento o con il sereno, per seguire da vicino i ragazzi”. Una presenza costante, accanto all’instancabile dirigente Arrigo De Biasi, sui campi al tempo polverosi, alle riunioni federali e ai numerosi eventi del calciomercato regionale di allora, per la precisione “Calcio Incontri e Trattative” con base a Pochi di Salorno. Vent’anni di presidenza condotti con eleganza e signorilità, ma anche con giusta fermezza e grande competenza dalla signora che in gioventù lavorò con Peter Colosimo, autore del best seller: “Il pianeta terra: questo sconosciuto”, insignito del “Premio Bancarella”.

“Al calcio, ad onore del vero, mi ero affezionata- precisa la presidente di lungo corso dell’A.S. Imperial - ascoltando le radiocronache di Nicolò Carosio, in un periodo in cui la mia vita era piena di pittura e buone letture, ma anche di qualche incontro della Don Bosco e dell’Oltrisarco. Mai avrei immaginato di diventare presidente di una squadra”. Nel 1970, Arrigo De Biasi, fondatore dell’Imperial nel 1962, (la sede era dietro la chiesa di Cristo Re) le propose la presidenza e lei accettò.

Quali furono le reazioni nell’ambiente Imperial?

“I dirigenti ed i calciatori della società mi accolsero molto bene. Non altrettanto posso dire di molti altri. E’ facile immaginare la considerazione verso una donna che seguiva la squadra sempre dalla panchina. Eravamo negli anni ’70. Tanti e variegati i commenti. Una donna in mezzo a tanti uomini, lascio immaginare quali fossero le considerazioni. Io, però, con il mio carattere forte e deciso non ci badai più di tanto ed andai avanti per la mia strada. Ero la prima donna nel calcio in assoluto. Una città come Bolzano non era probabilmente pronta ad una situazione di quel genere. Trovavo maggiore rispetto quando giocavamo fuori dal capoluogo. Dai vertici federali, invece, grande considerazione e stima”.

Il debutto in panchina lo ricorda?

“Fu un disastro. Sconfitta per 7-1 contro il Sinigo. La seconda categoria allora era composta solamente da 9 squadre. In ogni caso le cose andarono meglio di partita in partita. In casa giocavano ai campi Talvera di quel tempo, non quelli di oggi. Tutti i ricordi sono comunque splendidi. Spesso sfoglio con un po’ di comprensibile commozione la raccolta rilegata con le cronache di tutte le nostre partite, in rigoroso ordine cronologico, dono del centravanti della squadra, Rudy Bovo, che ha avuto la pazienza di creare un album meraviglioso. Lo custodisco gelosamente”.

Tante corse, tanta passione, anche un brutto episodio: nella stagione 1974 /1975, prima di una partita, l’allenatore di una squadra avversaria, in corsa per la salvezza, le chiese di vincere la partita. Secco e sdegnato il rifiuto della presidentessa che informò subito l’arbitro, che, in principio, manifestò qualche perplessità per poi rendersi conto di qualcosa di anomalo.

“In assoluta buona fede – ricorda - pensai che la comunicazione all’arbitro bastasse, ma non fu così: dopo qualche settimana mi convocarono a Trento, presso l’allora comitato regionale, per subire una sorta di processo sportivo per mancata denuncia di illecito sportivo. In sostanza: avrei dovuto inviare un telegramma a Roma, in Federazione, subito dopo la partita, cosa che non feci perché non ero a conoscenza della procedura”.

Come fini?

“L’allenatore avversario di quella gara fu riconosciuto colpevole. Alla sottoscritta inflissero però sei mesi di squalifica per l’omessa denuncia. In appello furono poi ridotti a tre. Un’altra notizia ripresa dalla Gazzetta dello Sport…”.

Tanti anni intensamente vissuti con passione, fino all’epilogo, nel 1990, quando la bella avventura nel ruolo di prima presidente donna d’Italia di una squadra di calcio finì in modo rocambolesco in seguito agli sviluppi delle trattative con un’altra società cittadina per allacciare una serie di rapporti sinergici che avrebbero potuto portare benefici ad entrambi i club. Così non fu. Ma questa è tutta un’altra storia!















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