L'autonomia incompiuta e la strategia del rispetto



La nostra Autonomia politica - come ha scritto Scaglia sull'Alto Adige e sul Trentino - è un modello incompleto e incompiuto. Sentenza dura. Che fa pensare. Perché il senso di incompletezza, alla faccia delle crescenti competenze e dell’indubbio successo del modello, è palese.
Al sociologo che insegna fra Trento e a Bolzano e che ha sempre fatto delle sue cattedre universitarie dei ponti fra la cultura italiana e la cultura tedesca, dovrebbero rispondere prima di tutto i politici di questa regione. Se ci fossero politici con uno sguardo regionale, ovviamente: perché in realtà sono tutti concentrati solo sulle due Province, rischiando di trasformare l’egoismo istituzionale in una nuova forma di solitudine e non ravvisando la necessità di un nuovo dialogo che superi finalmente il confine di Salorno.
Sollevando il tema dell’autonomia provvisoria (concetto non lontano da quello di Scaglia) anche i giornali che ho l'onore di guidare - una delle poche voci ancora regionali in questo territorio - hanno cercato di lanciare un allarme: invitando chi è nella stanza dei bottoni a ragionare sugli anni che verranno. E la norma d’attuazione sulla toponomastica avrebbe potuto essere un primo germe di futuro: qualcosa di profondamente nuovo. Se solo non si fosse trasformata in un braccio di ferro. All’Alto Adige di oggi non servono vincitori: servono, come dice Scaglia, strategia del rispetto e della libertà dei gruppi.
Molti politici, in questo periodo, non hanno colto (e quando l’hanno colto l’hanno fatto solo per ottenere un effimero consenso in più) che anche un minuscolo nome, in un tempo liquido come quello che stiamo vivendo, può rappresentare identità, senso d’appartenenza, elemento nobile d’aggregazione. Quando sento lo scrittore Zoderer parlare di Heimat quasi come di un elemento impalpabile, culturale, per non dire emotivo, penso che la Heimat degli altoatesini di lingua italiana abiti proprio nel senso dell’identità, nei ricordi condivisi, nel segno della propria presenza. La storia non va cancellata. Va capita. La storia non va usata per dividere, per dividersi. Ma per ricostruirsi, per riconoscersi, per rispettarsi. Perché o ci si rispetta in due. O non ci si rispetta affatto.













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