Bolognini: «Giorgio Pasquali è stato un uomo libero e forte»

L’ex sindaco democristiano: «Ha portato alla pacificazione dei gruppi etnici e nel ’60 non era facile»



BOLZANO. «Era un uomo riservato, aveva uno spiccato senso del dovere ed un’acuta sensibilità. Libero e forte come i suoi amici Alcide Berloffa ed Armando Bertorelle». L’ex sindaco democristiano, Giancarlo Bolognini, ricorda così la figura di Giorgio Pasquali.

«Era un intellettuale libero che ha saputo ricomporre i rapporti tra italiani e tedeschi alla fine degli anni Cinquanta quando imperversavano i nazionalismi e quando anche a Bolzano era molto più facile sposare posizioni radicali che non aprirsi al nuovo. Sentiva la solitudine del capoluogo in una provincia a maggioranza tedesca ed ha lavorato finchè ha potuto e come ha potuto per ricostruire i rapporti. Pasquali si è dato anche molto da fare, dall’interno delle Acli, per costruire la diocesi di Bolzano Bressanone. Una volta, infatti, il vescovo di Trento era anche vescovo di Bolzano mentre il vescovo di Bressanone era quello di Innsbruck».

Secondo lei cosa direbbe oggi, il Pasquali di quarant’anni fa, se fosse sindaco, a italiani e tedeschi?

«Direbbe che la convivenza non si è affatto conclusa e che esistono ancora sacche da esplorare e da ripulire. Agli italiani direbbe che è arrivata l’ora di uscire dal letargo e che è l’ora di smetterla con i piagnistei e le lamentele sul bilinguismo e la proporzionale. Ai tedeschi direbbe che è scoccata l’ora di aprire le finestre di casa per far entrare aria nuova».

All’Svp cosa direbbe?

«Che la deve smettere di trattare gli altri con sufficienza».

Il ricordo di Repetto.

Sandro Repetto, consigliere comunale Udc, ricorda Pasquali rotagonista nella costruzione dell'autonomia e avveduto amministratore pubblico. «Vorrei ricordarlo come il fondatore della orchestra regionale Haydn, quando insieme al maestro Mascagni hanno dato vita a questa prestigiosa istituzione culturale in un momento drammatico per la nostra città. Se l'orchestra Haydn è l'unica istituzione culturale regionale lo dobbiamo a queste persone che avevano delle idee e che con coraggio e determinazione le hanno trasformate in splendide realtà.Questo è l'insegnamento che ci lascia in eredità l'ingegnere! Non dobbiamo avere paura delle nostre idee».













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