Cartelli di montagna I nomi italiani messi tra parentesi

Il vicepresidente del Club Alpino: gli sgarbi sono quotidiani Zanella: «Cai e Pd sui toponimi si devono svegliare»


di Massimiliano Bona


BOLZANO. Carlo Alberto Zanella, pensionato di 66 anni, una tessera del Pd in tasca ma da poco anche vicepresidente provinciale del Cai, non ha certo peli sulla lingua. E ha deciso di sottolineare i soprusi, ormai quotidiani, legati al mancato rispetto del bilinguismo in montagna (ma non solo). Soprattutto da parte dell’Avs.

Cosa le ha dato così tanto fastidio?

«Non si tratta di una sola cosa, ma di tanti piccoli sgarbi, sempre più frequenti. Sui sentieri che percorro ogni giorno, ma non solo. Nel Comune di Appiano, dove vivo, l’Alpenverein usa la denominazione monolingue persino per Cornaiano, Monticolo, San Paolo o Ronco. Siamo alla follia pura».

Ma lei è del Pd. Il partito che rappresenta è in giunta. E non si è sempre battuto come un leone su questo tema...

«Anche per questo ho deciso di far sentire la mia voce. Non si può sempre far finta di nulla. Mi sono stancato di questo atteggiamento passivo. Bisogna cambiare registro: subito».

L’ultimo cartello monolingue che ha incontrato in montagna?

«Oggi (ieri per chi legge ndr): dall’alto in basso leggo Kassian Spitze, Latzfonserkreuz, Pfatten Spitz e Reinswald».

Anche i nuovi cartelli dell’Avs non promettono bene. Ha visto quelli di San Genesio?

«Sì, ci sono stato un paio di settimane fa. La versione italiana di Langfenn (Lavena ndr) non esiste, ma - cosa ancora peggiore - ci sono i nomi comuni in italiano (come malga ndr) all’interno di una parentesi quadra. Una scelta davvero di cattivo gusto».

L’idea sembra chiara: un gruppo linguistico messo tra parentesi...

«Questa è la sensazione che provo quasi ogni giorno. E mi vergogno perché con un pizzico di buon senso e volontà politica si potrebbe sistemare tutto».

Quali criteri bisognerebbe seguire per la micro-toponomastica?

«I miei pilastri di riferimento sono la cultura, l’uso e il turismo. Togliere la versione italiana di una località significa ignorare volutamente tutti e tre gli aspetti. Ma c’è anche una questione di legalità e sicurezza. Se un prato o un maso sperduto in alta quota restano solo in tedesco, invece, non mi preoccupo più di tanto».

Come valuta la recente cancellazione del nome italiano del rifugio Tre Scarperi che ha portato il responsabile del Brd di San Candido a restituire la tessera dell’Avs?

«Un fatto grave, ma è positivo che anche nel mondo tedesco sempre più persone si rendano conto che i nomi bilingui sono una ricchezza e non certo un peso. Ecco perché dobbiamo rialzare la testa».

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