IL DRAMMA DELLA CASA

Crisi: in Alto Adige uno sfrattoogni due giorni

Crescono le esecuzioni giudiziarie e immobiliari con famiglie costrette a lasciare la casa



BOLZANO. Ogni due giorni una famiglia altoatesina è stata messa alla porta dal padrone di casa perché non riusciva più a pagare l’affitto: nel 2009 gli sfratti giudiziari sono schizzati a quota 165. Anche le esecuzioni immobiliari sono in netta crescita: 505 lo scorso anno, contro le 437 del 2008. Nel 2003 erano «appena» 315.
 Gli analisti continuano a ripetere che la locomotiva dell’economia ha ripreso a viaggiare, ma le conseguenze della crisi nel 2009 hanno colpito in pieno le famiglie, in un punto molto sensibile: la casa.
 Un dato significativo riguarda proprio gli sfratti, 35 in più rispetto al 2008. La situazione è più grave di quanto non dicano i numeri. Negli anni scorsi, infatti, sul dato assoluto pesavano soprattutto gli sfratti conseguenti alla conclusione del contratto di locazione. Insomma, i proprietari che alla scadenza naturale dei contratti volevano prendere nuovamente possesso dei locali. Gli sfratti per morosità rappresentavano solo una piccola parte del totale. Oggi la situazione si è invertita: su 165 sfratti giudiziari, l’80% circa riguarda famiglie che non sono più in grado di far fronte al canone di locazione.
 Anche le esecuzioni immobiliari sono in netta crescita. Nel 2009 hanno sfondato la soglia psicologica delle 500 unità, quasi due al giorno. Nella maggior parte dei casi gli immobili vengono pignorati su richiesta delle banche, che vogliono rientrare dai prestiti che i clienti non sono più in grado di coprire. All’asta (non sempre) finisce di tutto: terreni, case, rustici, capannoni artigianali o industriali, garage.
 «Il problema esiste e noi da tempo abbiamo lanciato l’allarme - commenta Alberto Boscarolli, presidente dell’Ape Confedilizia, l’associazione che raccoglie i proprietari di immobili della provincia di Bolzano - nonostante la crisi abbia colpito meno in Alto Adige che altrove, è pacifico che una parte della popolazione ne stia pagando le conseguenze».
 In questo quadro, i proprietari di immobili rischiano di passare per gli «aguzzini» che lasciano le famiglie in strada: «La realtà è diversa - commenta Boscarolli - ci sono proprietari che chiedono lo sfratto dopo due mesi di morosità, altri che aspettano anche un anno: la media è di quattro mesi. La verità è che più si aspetta, meno possibilità ci sono di recuperare i soldi. Con conseguenze a volte pesanti». Ad esempio? «C’è chi copre gran parte del mutuo di un immobile affittandolo, se l’inquilino non paga sono guai: conosco persone costrette a rivendere la casa per coprire il debito con la banca. C’è poi chi sul secondo immobile - spiega ancora Boscarolli - si è costruito un’integrazione fondamentale per la pensione».
 Secondo il presidente dell’Ape, c’è anche chi fa il furbo: «Capita che qualcuno smetta di pagare il canone dopo un mese, sapendo che comunque prima di dieci-dodici mesi non ci sarà lo sfratto. Altri che non rispondono neppure alle lettere di solletico: è inevitabile che poi il proprietario si rivolga ad un avvocato. Ma se c’è il dialogo - conclude - una soluzione non conflittuale la si può spesso trovare».













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