L'analisi

Dal bisbiglio all’azione fisica, cambia il bullismo delle ragazze 

 Giuditta Sereni, pedagoga clinica del Forum Prevenzione, spiega la rapida diffusione del fenomeno: «Essere “donne forti” è proprio il contrario. Fondamentale osservare i figli fin dall’infanzia e includerli nei gruppi di pari»


Sara Martinello


BOLZANO. In pochi giorni sono venuti a galla due casi eclatanti di bullismo nel Meranese. Prima i due ragazzini picchiati davanti a un centro commerciale, poi le quattordicenni che hanno aggredito una loro coetanea su un autobus. Entrambe le violenze sono state riprese e postate online. Pretesto della prima sarebbero stati messaggi sgraditi. La seconda è opera di due ragazze.

Che cosa sta succedendo? «Se lo chiedono tante persone adulte. Quello che dobbiamo tenere a mente, però, è che i ragazzi ci guardano. Osservano i nostri comportamenti. E noi dobbiamo osservare loro». Ci sarà anche lei, la pedagoga clinica Giuditta Sereni, alla tavola rotonda organizzata dall’assessorato comunale ai giovani in occasione della Giornata nazionale contro bullismo e cyberbullismo, oggi. Da vent’anni al Forum Prevenzione, Sereni si occupa in particolar modo di dipendenze e di violenza, dal bullismo ai media e al mobbing.

Dell’ultimo episodio colpisce che le protagoniste siano ragazze. È una novità?

Generalmente pensiamo che questo tipo di bullismo sia appannaggio dei maschi, anche per via delle azioni fisiche. Le ragazze piuttosto sparlano, escludono dalle feste, divulgano informazioni intime. Si muovono in un altro “ambito”, meno visibile ma altrettanto doloroso e brutto per chi lo vive. Oggi però ci sono anche ragazze che attuano aggressioni fisiche: si sono già registrati episodi analoghi in tutta Italia.

Potrebbe essere il risultato di una lettura errata di slogan sul tema “women power” pronunciati da “influencer”?

Potrebbe essere una lettura. Gli influencer possono dare indicazioni su cose semplici come il trucco e su cose importanti come il comportamento. Possono dare risposte – anche positive – che gli adulti non danno; oltretutto spesso sono molto giovani. La fruizione dei contenuti deve essere accompagnata da una decriptazione da parte degli adulti: «Potere alle donne» non significa sovrastare, essere “uguale all’uomo” e cadere in dinamiche maschili, bensì non adeguarsi a pretese di femminilità imposta e a schemi maschili che restituiscono valore e potere solo ad alcuni.

Il bullismo e “la strada”. Un feticcio?

Esiste da molto tempo, basta leggere il libro Cuore. Oggi se ne parla di più, e credo che i social media amplifichino il fenomeno: spesso è “misto”, comincia online con pettegolezzi, malintesi, offese, anche solo divergenze di opinione, poi si sposta nei territori frequentati dai ragazzi, e viceversa. Anche alcuni adulti si manifestano nel web in modo violento. I ragazzi guardano.

Quanto influisce la pandemia?

Tra la Dad, l’uso del web per comunicare e un malessere diffuso dovuto alle restrizioni c’è un’escalation di comportamenti che manifestano disagio. La violenza può diventare la strada privilegiata per esprimere questa confusione dei rapporti umani persi e poi ripresi in modo maldestro e aggressivo perché si è perso l’esercizio dell’empatia. C’è il disagio sociale, le aspettative per il futuro disattese o tradite. La risposta è: «Vivo l’oggi».

Che cosa può fare la famiglia?

Essere genitori richiede sempre più attenzioni. Anche loro sono in fase di auto-educazione, nessuno ha la ricetta universale della prevenzione. Dai nostri incontri coi genitori emerge la diversità nei comportamenti fuori e dentro casa e a seconda che ci si trovi da soli o in gruppo. Fondamentale è dialogare. “Come ti sei sentito? Come stai con gli altri?”, queste domande tengono aperto il canale della comunicazione. In merito ai social, bisogna cercare di capire cosa guardano e quali emozioni provano, fin da piccoli. Far capire loro che c’è una differenza tra finzione e realtà – ad esempio, ci sono stati casi di emulazione della serie Tv “Squid Game” – e spieghiamo loro che non tutto ciò che vedono, qui mi riferisco anche alla pornografia, può essere replicabile nella realtà. Spesso i genitori possono fare la differenza, perché sono loro la voce fuori dal coro.

Qual è la posizione delle scuole?

Noi del Forum Prevenzione stringiamo un patto educativo con tutte le parti in causa, dai laboratori coi ragazzi all’informazione e soprattutto alla formazione delle figure che entrano nella loro vita: insegnanti, dirigenti, bidelli, genitori. Nelle scuole c’è una grande sensibilità rispetto a questo tema.

Andate anche nelle elementari?

Sì. Lavoriamo sulla gestione e sul superamento dei conflitti. I bambini che esprimono le loro emozioni in modo aggressivo rischiano di essere tagliati fuori dal gruppo e di ritrovarsi più avanti a “fare gruppo” con altre persone che sono state escluse. Bisogna dare ai bambini strumenti per relazionarsi con se stessi e quindi con l’altro e integrare chi si esprime in maniera più aggressiva. Certamente fa bene partire dalle qualità positive, sottolinearle, farli interfacciare col gruppo classe per incentivare l’inclusione. Insegnare loro a tollerare le frustrazioni: a volte si può anche perdere.













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