Denuncia il fratello, ma poi lo «salva» dal giudice

I due in tribunale, uno contro l’altro in un processo per estorsione e minacce In appello, la vittima fa però marcia indietro e fa assolvere il congiunto



BOLZANO. Due vite parallele ma con prospettive ed obiettivi diametralmente opposti. Due fratelli altoatesini sono stati protagonisti di una vicenda giudiziaria approdata nei giorni scorsi davanti alla Corte d’appello di Bolzano. Sul banco degli imputati Hansjörg Saur, sudtirolese dal passato burrascoso sotto il profilo giudiziario.

Attualmente si trova in carcere a Verona per un residuo di pena (per reati contro il patrimonio) che lo vedrà in stato di detenzione sino al 2018. L’uomo ha però rischiato di veder allungare sensibilmente l’attesa di tornare in libertà. Il tutto a seguito di una denuncia sporta dal fratello che di guai con la giustizia non ne ha mai avuti. Cosa è accaduto? Semplicemente che Hansjörg , in carcere da un po’ di tempo, ha pensato bene di chiedere un piccolo aiuto economico al fratello per potersi pagare qualche piccola comodità in carcere.

La richiesta è stata di 500 euro ma dal congiunto in libertà (indefesso lavoratore e con un passato giudiziario illibato ) la risposta è stata picche. «I tempi sono difficili per tutti e non posso permettermi di aiutarti » si ero sentito rispondere Hansjörg il quale però reagì minacciando il congiunto di ritorsioni non appena fosse tornato in libertà. «Mandami i soldi altrimenti quando esco te la faccio pagare». Un azzardo costato caro al detenuto. Hansjörg venne infatti denunciato dal fratello per estorsione.

La vicenda sfociò in un nuovo procedimento penale ed in primo grado Hansjörg Saur venne condannato dalla giudice Carla Scheidle ad un anno e 8 mesi di reclusione.

La sentenza è stata però completamente ribaltata in appello.

Difeso dall’avvocato Marco Boscarol, l’imputato è riuscito ad ottenere la piena assoluzione grazie all’intervento proprio del fratello che se da un lato non gli ha fornito i soldi , si è però presentato a testimoniare di non essersi sentito realmente minacciato dalle frasi del congiunto detenuto. Di qui la piena assoluzione.(ma.be.)

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