«Grande è il dolore, ma non ho colpe» 

Parla Siegfried Wolfsgruber, presidente delle Funivie Corno del Renon «Mancava il divieto in italiano? Un errore, ma c’erano tanti altri avvisi»


di Paolo Tagliente


BOLZANO. La grande folla delle vacanze natalizie se n’è andata. E ieri, sulle piste del Corno del Renon, sotto un cielo velato, sciavano gruppetti di ragazzini, qualche turista russo e molti bolzanini. Il ricordo della tragedia di Emily Formisano, consumatasi solo dieci giorni fa, sembra già lontano. Ma non è così, perché la morte assurda di una bimba di otto anni (la mamma lotta ancora con la morte nel reparto di rianimazione del San Maurizio di Bolzano) ha segnato nel profondo anche il presidente del comprensorio sciistico Siegfried Wolfsgruber e tutto il personale. Un dolore reso ancora più pesante dalle successive polemiche e strumentalizzazioni politiche.

In questi giorni, si è detto tutto e il contrario di tutto, presidente.

«Proprio così. Spiace che al grande dolore per quanto accaduto, si siano aggiunte polemiche politiche che hanno fatto passare in secondo piano lo strazio per la morte di una bimba di 8 anni. Per quanto mi riguarda, sono molto addolorato, ma ho la coscienza a posto».

Gli attacchi sono arrivati da chi ha criticato l’assenza di un divieto in lingua italiana di scendere con la slitta da quella pista. In gran parte d’Italia, l’hanno visto come un insulto e un rifiuto al bilinguismo.

«Non è affatto così! Mia moglie è di lingua italiana e, da sempre, sono favorevole al bilinguismo, fermamente convinto che ognuno abbia il diritto di essere informato nella propria lingua madre. Credo che, paradossalmente, ci sia stato un eccesso di informazione perché sul grande cartello giallo ci sono tutte le indicazioni, fin troppe, in italiano e tedesco. Sono indicate le piste, le loro difficoltà e la direzione per raggiungere la pista da slittino e quella da fondo. Per quanto riguarda la pista nera dov’è avvenuto l’incidente, invece, c’è il bollino nero, il divieto in tedesco di usare la slitta, accompagnato da una pittografia più che chiara. Manca la scritta in italiano, è vero, ed è stato un errore a cui abbiamo rimediato nei giorni scorsi, aggiungendola con una pecetta. Ma non credo proprio che quelle parole avrebbero potuto evitare la tragedia».

Forse l’unica “lacuna”, visto che in tutto il comprensorio, su tutti i cartelli, avvisi e informazioni sono in italiano, tedesco e spesso in inglese.

«Proprio così. E non dimentichiamo che nelle poche decine di metri quasi pianeggianti che separano il cartello giallo finito nella polemica e il ripidissimo “muro” della pista nera, sono posizionati ben tre cartelli che segnalano il divieto di avventurarsi su quel tracciato con la slitta. Due sulla destra e uno a sinistra, proprio in cima al “muro”».

C’erano il tempo e lo spazio per fermarsi, insomma.

«Certo, ma una volta sul “muro”, con pendenza del 60-70 per cento, non c’è stato più nulla da fare. Tanta è stata anche sfortuna, perché la slitta avrebbe potuto finire nelle reti di protezione o rovesciarsi e magari madre e figlia se la sarebbero cavata con qualche abrasione. Invece, la slitta è diventata un missile».

Ora sono in corso le indagini, con l’iscrizione sua , legale rappresentante della società, e la mamma di Emily sul registro degli indagati. Avete avuti contatti con la procura di Bolzano?

«Per ora nessun contatto con la magistratura inquirente. Sul fronte penale abbiamo un avvocato d’ufficio, su quello civile siamo in contatto con le assicurazioni e valutiamo il da farsi».

Vi siete mossi su altri fronti?

«Sì, ho preso contatto con gli uffici competenti provinciali per valutare la situazione con degli esperti. In particolare, ho avuto modo di parlare con la dottoressa Elisa Montali dell’Area Funzionale Turismo. Mi ha spiegato che, secondo la normativa vigente, se il tracciato di una pista è correttamente delimitato e segnalato, non v’è obbligo di esporre alcun tipo di divieto al suo interno perché, per la legge, quella pista può essere adibita solo ed esclusivamente alla pratica dello sci alpino».

Ha avuto modo di sentire il papà di Emily?

«No. Anzi, avrei piacere di parlargli. Ho sentito alcune sue dichiarazioni fatte nel corso di un’intervista alla Rai (Ciro Formisano ha detto che se ci fosse stato anche un avviso in italiano, Emily si sarebbe salvata, ndr) che sono in netto contrasto con quello che aveva dichiarato ai carabinieri (l’uomo avrebbe raccontato d’aver capito subito la pericolosità della pista da cui la moglie aveva scelto di scendere con la slitta, ndr), quel tragico venerdì 4 gennaio. Posso solo immaginare l’abisso di dolore in cui sta vivendo, ma conto in un chiarimento. Per quanto ci riguarda, invece, stiamo valutando se fare qualcosa per ricordare Emily o contribuire ad aiutare la sua famiglia. Vedremo».













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