Il ministro benedice la scuola trilingue

Giannini inizia il tour in 30 istituti italiani dal liceo Pascoli di Bolzano «Quello altoatesino è un modello per tutti. In sintonia col mondo del lavoro»


di Paolo Campostrini


BOLZANO. Se arriva un ministro e dice «Siete un modello», è un complimento a cui Bolzano è abituata. Se dice: «Siete un modello per la scuola trilingue che vogliamo portare anche nel resto del Paese», allora il complimento diventa una riflessione. Se aggiunge, come ha fatto Stefania Giannini (sua la scelta del liceo "Pascoli" per avviare il tour che la porterà in 30 città a spiegare il suo manifesto per la "buona scuola"), che l'autonomia deve essere strutturale in tutte le scuole ma che "l'autonomia senza responsabilità diventa un esercizio stilistico», allora la sua riflessione serve anche per l'Alto Adige. In generale.

Il quale di autonomia ne ha tanta ma che tende a svilupparne i benefici e un po meno a caricarsi del "fardello del comando" (per dirla alla Kipling).

In ogni caso, la ministra dell'Istruzione e Bolzano sembrano fatte per capirsi. Tanto che non è apparso casuale che il "punto di ripartenza" renziano per la scuola, abbia fatto qui la sua prima tappa.

C'è una evidente affinità nei codici di riferimento. E ascoltando Stefania Giannini si capisce perché: «Dove serve fare un salto - ha subito detto, appena scesa trafelata dall'auto (in ritardo per colpa dell'aeroporto chiuso per nubi...) - per me è chiaro: diminuire il disallineamento tra le qualità richieste dal mondo del lavoro e quelle possedute dalla scuola, intensificare l'alternanza scuola-lavoro e aumentare la qualità della formazione e dell'insegnamento».

Evidente a cosa pensava. E infatti l'intendente tedesco Hoellrigl, annuiva soddisfatto: sono 9.500 gli studenti altoatesini impegnati nella formazione professionale, 2700 gli apprendisti di primo livello.

Ragazzi che sanno cosa ci si aspetta da loro nelle imprese un paio d'anni prima di lasciare i banchi di scuola.

E anche gli studenti della Consulta provinciale, saliti sul palco a "interrogare" la ministra si sono mostrati più interessati alla sostanza (del loro futuro) che allo stile, chiedendo: maggior spazio all'orientamento professionale e universitario, ore integrative per partecipare alle decisioni ma anche "neutralità della scuola rispetto alle aziende" e attenzione "a non trascurare in questo clima gli studi umanistici che servono a forgiare lo spirito critico e l'indipendenza intellettuale". Chapeau.

Applausi anche dai tanti professori assiepati nell'aula magna delle Pascoli.

Perché è stata tutta la scuola altoatesina a presentarsi davanti a Stefania Giannini ( sovrintendente Minnei, ispettori tedesco e ladino in testa), la quale ha voluto marcare il senso politico di questo nuovo stile di rapporti tra governo e mondo dell'istruzione "che per Renzi è un nodo strategico, forse prima dell'economia". Mostrare la faccia. Ecco cosa ha iniziato a fare la ministra, portando il suo programma ("che poi diventerà riforma") in giro per l'Italia. Molte pagine. Ma un capitolo su tutti. Si intitola "Fondata sul lavoro".

E spiega come saranno usati 300 milioni per riaggiornare i laboratori, aumentare a 200 le ore all'anno per gli stage e poi convincere gli imprenditori che arruolare uno stagista è un vantaggio, non un costo. Perché al centro delle preoccupazioni ci deve essere soprattutto quel 40% di giovani senza lavoro che proietta l'Italia nell'empireo delle emergenze ma che molti altri paesi europei stanno sfiorando. Cosa fare dopo, ecco il problema. Ma la scuola deve adesso impegnarsi a modernizzare tutto quello che può fare prima. «E in questo è importante dare concretezza all'autonomia degli istituti e dei territori», ha chiarito Stefania Giannini. In questo dando seguito all'invito del sindaco Spagnolli che ha voluto chiarire un paio di questioni di principio: «Sento brutta aria intorno all'autonomia. La quale non è un privilegio ma un impegno quotidiano. E invito il governo a guardare con attenzione ai nostri tre livelli di autonomia: tra istituti, tra i tre gruppi linguistici, e tra Alto Adige e ministero. Se si è più vicini ai territori si può modulare meglio l'offerta scolastica».

E la presenza dei tre responsabili scolastici dei tre gruppi accanto alla ministra rendeva plasticamente questa cornice. Ma la Giannini si sentiva evidentemente a casa. Tanto da sfoggiare un buon tedesco nei saluti ("ho studiato a Tubinga" ha rivelato) e a non farsi cogliere impreparata, come altri suoi predecessori, rispetto ai modelli di insegnamento diversificati.

La preside Laura Canal ha poi rilanciato un'altra riflessione: «Dobbiamo recuperare il prestigio degli insegnanti», ha detto. Subito ripresa dalla ministra: «Bene, ma non bastano solo nuovi fondi. Serve responsabilità. Perché senza questa e senza rilanciare il merito come metro di giudizio anche per i docenti, l'autonomia è una parola vuota».

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