L'INTERVISTA sara piccirillo 100 e lode 

«Il quarto anno a Città del Messico Farò l’interprete» 

Non ama gli stereotipi. «Tre mesi in Messico perché volevo approfondire la cultura di quel paese, troppo poco conosciuta Vorrei lavorare come traduttrice per rappresentare l’Italia nel mondo»



Bolzano. Un po’ di ritrosia, non ama apparire, racconta volentieri ma preferirebbe niente foto. «Sono una ragazza normale», si scusa. A parlare è Sara Piccirillo, un’altra eccellenza del Carducci di questo esame di Stato 2020 post-Covid. Normale, nel senso di stare nella norma, Sara non lo è di certo. Lo testimoniano in maniera incontrovertibile la lode, parte del quarto anno all’estero non proprio dietro l’angolo ossia in Messico, e la motivazione dei suoi sogni futuri di interprete o traduttrice: «Mi piacerebbe rappresentare l’Italia all’estero».

Il 100 e lode non è arrivato per caso. Racconta Sara: «La scuola mi è sempre piaciuta, non l’ho mai presa troppo male. Lo studio è sempre stato qualcosa di molto naturale. Mi sono impegnata nel modo giusto. Sono sempre stata molto curiosa, amo confrontarmi, la scuola mi ha insegnato tanto, ma per natura sono curiosa sempre, anche a casa. Devo dire grazie a miei: mi hanno sempre sostenuta, permettendo di muovermi come preferivo». Nessun percorso speciale alle medie, «ma al Da Vinci ho avuto una profe di inglese molto brava, è stata determinante». Come fosse cosa di tutti i giorni, Sara prosegue: «In quarta sono stata tre mesi a Città del Messico, per approfondire il mio spagnolo. Si è trattato di un’esperienza molto formativa, da tutti i punti di vista. Ci tengo a sottolinearlo: già prima ero interessata alla lingua e alla cultura spagnola, ora posso dire che quel paese viene descritto male. Ci tengo a dirlo: bellissimo, anche dal punto di vista umano, un paese accogliente». Pur di andarci, Piccirillo si è organizzata tutto da sola. «Oltre al liceo, improntato sulle materie scientifiche, mi ha colpito anche questo: la scuola organizzava attività extra, come, per esempio, visitare la città. Un modo ottimo per conoscerla, perché l’extrascuola era frequentato anche dagli stessi compagni di classe. Non l’ho visitata da turista, da straniera». Una città e un paese notevoli, «ben al di là degli stereotipi».

E il Covid? «La prima settimana è stato difficile sostituire l’ambiente scolastico con un freddo e anonimo schermo, ma tengo a precisare che i professori sono sempre stati molto disponibili. Ci hanno aiutati a mantenere una routine in questo periodo strano, surreale». L’orale in presenza? «Simbolicamente il modo migliore, ho concluso al meglio il percorso, rivisto i professori e poi i compagni che mi aspettavano sotto!» Ora, lingue e letterature a Trento. Inglese sicuro, poi spagnolo o francese. DA.PA













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