In stato di povertà 3100 famiglie Pesa sempre di più il part time 

Oltre 1.200 nuclei familiari con figli. Coinvolte ben 925 famiglie con bimbi e altri 345 genitori singoli con prole L’assessore Deeg: «Dovremo supportare di più enti e associazioni che si occupano di famiglie povere con figli»


Davide Pasquali


Bolzano. Altro che paese della cuccagna. in alto adige ben 3.100 famiglie attualmente sono considerate in stato di povertà. di queste, ben 925 sono nuclei familiari con figli, altri 345 sono genitori singoli con figli. tradotto, oltre un migliaio di famiglie con bambini in stato di difficoltà. e se la disoccupazione in alto adige è bassa e il tasso di occupazione è alto, occorre considerare altri due fenomeni sempre più marcati. chi guadagna bene guadagna sempre di più mentre chi guadagna meno guadagna sempre meno. e soprattutto sono in crescita i lavoratori dipendenti a tempo parziale. non volontari. part time imposto. e questo implica una immediata diminuzione del reddito, possibile/probabile anticamera dello stato di povertà.

Quanti poveri

Iniziamo con ordine. Il dato sulla numerosità dei poveri in Alto Adige deriva dalla risposta ad una interrogazione del consigliere provinciale dei Freiheitlichen Ulli Mair, fornita dall’assessore Waltraud Deeg. Difficile stabilire chi sia povero, perché tutto dipende dalla definizione che si vuol dare all’aggettivo. L’assessore sceglie i nuclei famigliari destinatari del reddito minimo sociale, ossia chi non riesce ad arrivare a fine e mese deve per forza richiedere un aiuto all’ente pubblico. Gli ultimi dati disponibili risalgono al 2018 e parlano di circa 3.100 nuclei famigliari. L’interrogazione punta il dito soprattutto sui minori. L’assessore non fornisce dati assoluti su quanti bambini e ragazzini siano coinvolti, ma precisa che le famiglie con figli destinatarie di assegni sociali per raggiungere il minimo vitale sono 925, cui si aggiungono altri 345 genitori singoli, ragazze madri e ragazzi padre, che devono a accudire i loro piccoli. Impossibile ottenere dei dati suddivisi per nazionalità, perché finora nessuno ha ritenuto di doverli raccogliere e studiare in maniera scientifica. In linea di massima, spiega l’assessore Deeg, si tratta di famiglie molto numerose e di genitori singoli con un numero di figli superiore alla media.

Lo studio Astat

L’assessore Deeg, però, oltre a chiarire che si sta facendo di tutto per combattere il fenomeno e che nei prossimi anni si punterà soprattutto a potenziare e supportare le associazioni e gli enti che si occupano della povertà, in particolare di bambini e giovani, chiarisce che per comprendere meglio il fenomeno occorre prendere in considerazione uno studio dell’Istituto provinciale di statistica pubblicato una decina di giorni orsono e riguardante i redditi percepiti dalle famiglie altoatesine nel corso del 2017.

Dati preoccupanti

Ad una prima visione superficiale sembrerebbe tutto in ordine. Tasso di disoccupazione bassissimo, 2,9%, addirittura ai limiti della cosiddetta disoccupazione strutturale; tasso di disoccupazione giovanile altino (9,2%) ma niente a che vedere con il resto d’Italia. Anche il tasso di occupazione della popolazione attiva (15-64 anni) è positivo: 73,5%. Ma c’è un ma: gli occupati part time costituiscono il 24,3% del totale. Ossia, uno su quattro lavora a tempo parziale. E non è tutto. Per la prima volta dal 2005, primo anno per il quale sono stati analizzati i dati Inps, la retribuzione media annua lorda dei lavoratori dipendenti altoatesini segna una variazione negativa in termini monetari (-0,3%), confermando il brusco rallentamento della crescita anche nominale già registrato con il 2016 (2015: +1,5%, 2016: +0,4%). La riduzione del salario medio d’altra parte è collegata alla diffusione del part-time, anche involontario, che comprime in generale il livello dei salari verso il basso (anche se aumenta il numero dei lavoratori). Secondo la rilevazione delle forze di lavoro, nel 2017 il part-time involontario in Alto Adige si attesta al 19% del part-time totale. Ciò significa che circa un quinto dei lavoratori part-time è in realtà sotto-occupato. Questo dato è significativo perché l’occupazione a tempo parziale involontaria, con retribuzioni ridotte, condivide alcune delle criticità della disoccupazione, per esempio il rischio di povertà. Nel 2017 il totale del monte retributivo cresce solo dell’1,1% a fronte di un aumento dei lavoratori del 4,0%. Guardando all’ultimo quinquennio, nel 2012 la retribuzione media lorda nel settore privato ammontava a 27.532 euro annui mentre nel 2017 risulta pari a 28.729 euro. Ciò si traduce in un aumento nominale del 4,3%. Tuttavia, considerando la perdita di valore causata dall’inflazione nel periodo esaminato (5,8%) la retribuzione lorda annua, al netto dell’inflazione, presenta una variazione del -1,3%. Rispetto al 2016 si registra una diminuzione reale sia della retribuzione media generale (-2,0%) sia dei soli lavoratori a tempo pieno (-1,3%), segno che anche tra lavoratori con contratti di lavoro più stabili o comunque più strutturati si osserva una perdita netta del potere di acquisto.













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