Il caso

«L'assegno unico per i figli a carico penalizza le madri separate» 

La senatrice Unterberger lancia l'allarme. La Svp avvia colloqui con la ministra Bonetti e la vicepresidente dell’Inps Gnecchi. Molte segnalazioni di donne, avvocati e consultori. «Il contributo per metà non va a chi cura effettivamente la prole»



BOLZANO. Nuovo assegno unico e universale per i figli a carico in vigore dal 1° marzo, decisamente penalizzate le madri separate, divorziate o che non convivono più col padre dei bambini. Per questo motivo, la senatrice Svp Julia Unterberger ha avviato colloqui col ministro per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti e colla vicepresidente Inps Luisa Gnecchi, affinché si tenti di riequilibrare la situazione.

La senatrice ha deciso di impegnarsi, spiega, «per le forti preoccupazioni e a seguito delle innumerevoli lamentele che mi sono pervenute, soprattutto da parte di donne, avvocati e consultori, in merito al nuovo assegno unico e universale per i figli a carico». Il decreto legislativo numero 230/2021, illustra la senatrice, «prevede, all'articolo 2, che l'assegno spetti in parti uguali a chi esercita la responsabilità genitoriale, il che comporta per molti genitori che accudiscono da soli i figli un notevole peggioramento delle condizioni economiche rispetto a prima».

La normativa previgente sugli assegni familiari prevedeva che fossero percepiti da chi aveva l'affidamento dei figli. Sebbene all'epoca l'affidamento condiviso fosse un'ipotesi del tutto eccezionale, l'Inps era intervenuta (circolare n. 210 del 1999) per accertare il criterio della convivenza con i figli in caso di contrasto tra gli affidatari. Con la riforma del 2006 (legge n. 54/2006), che ha trasformato l'affido condiviso da eccezione in regola, le cose sono notevolmente cambiate.

Al giorno d'oggi, ricorda Unterberger, «in Italia, oltre il 90% delle coppie separate ha l'affidamento condiviso, il che significa che entrambi i genitori assumono, di comune accordo, le decisioni di maggiore interesse per la prole relative a istruzione, educazione, salute etc. e, solo in caso di disaccordo, è il giudice a decidere». L'affidamento condiviso nulla dice, invece, sul collocamento dei figli, che di solito è prevalentemente presso uno dei genitori, seppur con diritti di visita per l'altro, «che però spesso sono limitati a ogni secondo fine settimana e un periodo di ferie».

In conseguenza di ciò, prosegue la senatrice, «ancora troppo spesso il lavoro di cura e di educazione è sulle spalle delle madri, presso cui i figli sono prevalentemente collocati. E poi ci sono genitori che non si occupano per niente dei figli, non pagando nemmeno il contributo al mantenimento». Basta osservare i numeri delle querele sporte nell'ultimo anno per violazione degli obblighi di assistenza familiare, per rendersi conto di come stiano realmente le cose.

Stando alla previsione secondo cui entrambi i genitori diventano automaticamente beneficiari, in parti uguali, dell'assegno unico e universale, sottolinea oltre Unterberger, «il genitore inadempiente avrà accesso, d'ora in avanti, all'assegno, pur continuando magari a non versare i contributi al mantenimento dei figli, con conseguenze del tutto paradossali».

Inoltre, considerato che in moltissime sentenze di separazione o divorzio è previsto che il genitore collocatario percepisca i contributi pubblici, è già stata annunciata da parte di tanti padri e dei rispettivi avvocati una valanga di ricorsi per adeguare le sentenze alla nuova situazione giuridica riguardante l'assegno unico.

Alla luce di tutti questi ragionamenti, sostiene Unterberger, «sarà necessario mettere di nuovo mano alla materia». Per un intervento in tal senso, si aprono a questo punto due scenari: «Il primo potrebbe essere quello di modificare il decreto in vigore, introducendo quale criterio per la corresponsione dell'assegno il collocamento prevalente dei figli, in luogo dell'affidamento».

In alternativa, «una soluzione più facile sarebbe quella di specificare, con apposita circolare dell'Inps, alla stregua di quanto è stato fatto con circolare del 1999 riguardante gli assegni familiari dell’epoca, che in caso di disaccordo tra i genitori è il giudice che decide. Si tratta di affidare ad un terzo, che conosce la situazione patrimoniale dei singoli e ha contezza di chi si occupa maggiormente dei figli, la decisione, caso per caso, su chi realmente necessiti del sussidio statale e abbia diritto a percepirlo».

Un'altra problematica connessa alla richiesta dell'assegno unico riguarda la dichiarazione Isee, per la quale è giustamente richiesto, in caso di separazione, il decreto o la sentenza del giudice. «Nel caso di genitori non sposati, però, questi ultimi spesso sono in possesso unicamente di un accordo scritto tra le parti. Per evitare che tutte le coppie di fatto affrontino i costi di un processo al solo fine di ottenere un provvedimento del giudice e che i tribunali siano ulteriormente gravati da procedimenti di questo tipo, la circolare dell'Inps dovrebbe equiparare l'accordo sottoscritto da entrambe le parti ad un decreto del giudice». DA.PA.













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