Lezione di legalità, Borsellino all’Einaudi 

Lezione online. Salvatore, il fratello di Paolo, ha raccontato a 150  sudenti collegati online la lotta alla mafia pagata con la vita


silvana laricchiuta


Bolzano. Il CTS “Luigi Einaudi” di Bolzano non si lascia scoraggiare dalla complessità introdotta dalle normative per il contenimento dell’epidemia: l’obiettivo principale è quello di dare una continuità ai temi della legalità e della cittadinanza attiva che da sempre sono approfondite attraverso progetti, mostre ed incontri. Proprio seguendo questa linea educativa, la mattinata del 28 gennaio, con un incontro organizzato dai docenti di storia, il Cts ha visto in cattedra un ospite speciale, Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo, ucciso da Cosa Nostra il 19 luglio 1992, che ha tenuto una lezione di legalità agli alunni seguita da 150 ragazzi, in parte collegati dalle proprie aule, in parte dalle loro abitazioni. In collegamento da Milano, Borsellino ha unito in modo inaspettato tutti gli alunni e i docenti, che hanno seguito con vivo interesse la storia di Paolo, della sua lotta contro la corruzione di un intero sistema. «Un fratello – ha esordito Salvatore– non è chi nasce dagli stessi genitori, che condivide la stessa casa e la stessa infanzia, ma è colui con il quale si seguono medesimi ideali, si lotta per raggiungere determinati obiettivi, questo fratello non si chiama Salvatore Borsellino, ma Giovanni Falcone». Salvatore ha quindi raccontato dell’infanzia di Paolo Borsellino, trascorsa in un nel quartiere Kalsa di Palermo, tra giochi in strada con l’amico Giovanni Falcone e lo studio, cresciuti quasi come due gemelli, al punto che la vita li ha visti intraprendere gli stessi percorsi e le stesse carriere nell’ambito della magistratura. Insieme hanno dato vita al primo pool antimafia, successivamente il maxiprocesso, che vide la condanna di quasi 400 uomini affiliati a Cosa Nostra, sentivano che la gente faceva il tifo per loro, si sentivano appoggiati e sostenuti dall’opinione pubblica, presa anch’essa da un nuovo entusiasmo di vittoria contro l’oppressione mafiosa. Tuttavia questa ebbrezza iniziale della società è stata sostituita da un reflusso, proprio perché la mafia era intrisa in tutto il sistema. Gli occhi di Salvatore si velano un attimo - una pausa - perfino uno scrittore siciliano come Leonardo Sciascia, che ha sempre raccontato nelle sue opere i disagi del sud e della Sicilia in particolare, in un’intervista al Corriere della Sera definisce la lotta contro l’illegalità di Borsellino e del suo amico – collega Falcone “un mezzo per fare carriera”. I due magistrati si rendono conto di essere soli in una lotta contro un sistema intriso di mafia, dal 23 maggio del 1992, con la morte di Giovanni Falcone, Borsellino capisce che di lì poco sarebbe toccato a lui, il fratello ricorda il magistrato come un uomo dal carattere gioviale, sempre con la battuta pronta che la morte dell’amico stravolge completamente, si rende conto che la mafia non è quella che ha sempre combattuto, ma è intrisa nel sistema dello Stato. «Nel 2007 scrissi una lettera aperta intitolata 9 luglio 1992: una strage di stato, perché mio fratello è un soldato che ha combattuto una guerra e in guerra è normale essere uccisi, ma la grande delusione è che ad ucciderlo non è stato il fuoco nemico, ma di un compagno che avrebbe dovuto combattere al suo fianco». Salvatore ha mostrato un’agenda rossa alla telecamera del suo pc, dall’altra parte della telecamera tutti gli alunni che lo hanno seguito da quasi due ore, l’agenda rossa simbolo di un movimento che lui stesso ha fondato, l’agenda di Paolo che conteneva preziose informazioni fornitegli da diversi pentiti e che è sparita negli istanti successivi all’attentato di via d’Amelio. Anche sul quest’ultimo Salvatore si è soffermato, spiegando che come esplosivo non è stato usato del tritolo, ma del Semtex, un particolare esplosivo militare sottoposto a rigidi protocolli di trasporto per la sua pericolosità, come avrebbero potuto trasportare un simile carico senza l’aiuto dello Stato? Inoltre ha ribadito che non avrebbe avuto senso uccidere Paolo senza far sparire quell’agenda rossa, che definisce la scatola nera della trattativa Stato – mafia.

Il giorno dopo l’attentato, con il fischio della bomba nelle orecchie, la stessa bomba che le aveva tolto un figlio, la madre di Paolo Borsellino ha raccomandato ai figli che erano con lei di mantenere vivo il sogno di Paolo, perché finché si parlerà di lui, sarà ancora in vita.















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