LA STORIA

Niente carne, siamo vegani. In Alto Adige la prima malga vegetariana

A Monte San Pietro la gestisce Il pastore Alex Bisan. Tra mucche e abeti, seminari sulla natura, l’economia solidale e corsi per camminare sulle braci ardenti. In tavola niente carne, ma gulasch alle erbe, polenta e funghi, e dolci senza uova. E' la prima malga ad avere il bilancio certificato secondo i parametri di "Economia Bene comune"


di Luca Fregona


BOLZANO. Un giorno ti alzi e capisci che la tua vita così com’è non ti piace. Non ti dà niente. Non ti porta da nessuna parte. In quel momento, se hai coraggio, fai clic, e cambi. Ad Alexander Bisan è successo quando aveva 33 anni. «Facevo l’elettrotecnico, lavoravo sui cannoni sparaneve. Ho pensato che dovevo trovare uno scopo, un senso». Nel 2007 Alexander Bisan, padre rovigotto e mamma di Nova Ponente, vira a 180 gradi, molla il lavoro e decide di fare il pastore. Il paese di Monte San Pietro, frazione di Nova Ponente, a due passi dal Santuario di Pietralba, ha una malga civica “comunitaria”. Una conca verde di prati, ruscelli e boschi. Un posto da favola. Ogni abitante della frazione ha diritto di pascolo e legna, e anche di usarla per il “riposo e il divertimento”. Quell’anno Monte San Pietro cerca un gestore per la malga. Bisan si presenta e vince la gara. «Non sapevo niente di mucche, vitelli e manzi. Di pascoli e mungitura. Delle malattie delle mammelle e dei problemi agli zoccoli. Ma volevo vivere qui. Trovare una dimensione diversa. Ho imparato tutto guardando i contadini». All’inizio sono in tre, ma dopo il primo anno due lasciano. Troppo dura, pochi soldi. E Bisan resta solo. «La malga prima di noi non faceva ristorazione, era un edificio vecchio e spartano, pensato solo per il pascolo estivo». Bisan si rimbocca le maniche. Lo mette a posto. Ristruttura. Allarga. Costruisce una nuova ala. Apre la cucina. E affianca, a quella di pastore, le attività di ristoratore, operatore turistico, organizzatore di eventi.

Negli anni, sotto la sua guida, Malga San Pietro diventa un posto speciale, di nicchia, dove si servono solo piatti vegani e vegetariani, gli animali vengono rispettati (d’estate ha oltre cento bovini al pascolo), si tengono corsi di “conoscenza” della natura e seminari sulle culture alternative. Nottate con gli sciamani brasiliani, falò propiziatori, stage per imparare a camminare sui carboni ardenti...

Oggi Bisan vive qui tutto l’anno. Per 100-120 giorni, d’estate, tiene le bestie dei “cittadini di Petersberg”. La malga è aperta da maggio a ottobre, e nei fine settimana d’inverno. Lui spiega così la sua filosofia: «Voglio dare uno spazio a chiunque si senta “minoranza”. Di pensiero e nello stile di vita. Non sono un “talebano”, non voglio imporre le mie idee vegane o sull’economia alternativa, ma mi piace che esista un posto dove chi ci crede, possa parlarne senza sentirsi aggredito».

Fino al 2013, nel menu, Bisan teneva anche qualche piatto di carne. Il gulasch, lo speck, un po’ di ragù. «Ma poi mi sono detto: che senso ha dare da mangiare dello speck fatto coi maiali olandesi allevati in batteria? Anche la carne di bovino... Io vedo come le allevano le mucche, persino qui in Alto Adige... È uno sfruttamento intensivo, malato. Da fabbrica. La mia è una scelte etica: consumare molta carne è uno spreco di risorse enorme. Ho la massima considerazione per i piccoli allevatori che fanno pascolare il bestiame e rispettano gli animali. Ma sono davvero pochi. Lo dico sempre anche ai nostri contadini: fate stare meglio le mucche, fate far loro una quantità giusta di latte: lo venderete a un prezzo più alto perché sarà più buono».

Oggi, a Malga San Pietro, si possono ordinare solo piatti vegani e vegetariani: il gulasch di verdure, i canederli con le erbe raccolte nel bosco, persino lo schmarren (ottimo) senza uova e burro. Gli sciroppi fatti in casa. Rigorosamente vietate Coca-cola e bevande industriali («robaccia piena di zuccheri»). E se proprio vuoi riempirti la pancia: polenta e funghi allo sfinimento.

Bisan lo mette - nero su bianco - scritto sul menu: «Servo solo prodotti a chilometro zero che trovo nel bosco o nei paesi vicini. Prodotti locali biologici, di cui conosco vita morte e miracoli, tipo i formaggi o le farine. E nel caso di ingredienti extra regionali, come il cacao, uso solo quelli del commercio equo e solidale. Io credo in un modello economico diverso, dove il profitto non sia sfruttamento delle risorse, degli uomini e degli animali. Un’economia locale e di comunità».

Bisan, che oggi ha 42 anni, è un vegano convinto da 12. «Non potevo però proporre solo piatti rigidamente vegani (che non prevedono l’utilizzo di nessun prodotto di origine animale, nemmeno il formaggio o il latto, ndr), così ho allargato il raggio anche a quelli vegetariani». I turisti all’inizio storcevano il naso. «Sai, vengono qui e pensano che se non gli dai lo stinco, non sei veramente in montagna». Piano piano però il messaggio è arrivato. «Certo, c’è sempre qualcuno che brontola. Ma anche molti che apprezzano. E io non ho nessuna intenzione di tornare indietro». In paese lo guardano come un tipo strambo, un po’ fricchettone. Ma con gli anni hanno iniziato ad apprezzarlo.

Perché Malga San Pietro sta diventando un piccolo luogo di culto. Che sta portando turisti sull’onda del “nuovo” e del “cibo sano”. I corsi didattici per i bambini sono frequentatissimi da maggio a settembre. Ci sono i percorsi per conoscere le formiche rosse o le pietre fossili della Gola del Bletterbach, le corde sospese per imparare a camminare a un metro da terra, e le escursioni all’alba nel bosco. «È incredibile: ma qui arrivano ragazzini che non hanno mai visto una mucca da vicino, o acceso un falò al tramonto. Per loro è tutto nuovo». A Malga San Pietro si dorme tutti assieme in un grande (unico) stanzone, «perché bisogna imparare a convivere con gli altri, rispettandone gli spazi». Tra le tante cose (pastore, malgaro, cuoco, organizzatore di eventi), Bisan è anche un “trainer” di comunicazione non violenta. Tiene seminari che portano gente da tutta Italia e mezza Europa. Una cosa cui tiene molto è il suo lavoro con l’associazione «Economia Bene Comune»: cento imprenditori altoatesini che si impegnano a rispettare 17 (severe) regole etiche «a livello sociale, ecologico, democratico e solidale». L’azienda deve essere eco-sostenibile, non rappresentare un costo sociale, ma un esempio virtuoso. Il “padrone” non deve guadagnare più di un terzo dell’ultimo dei suoi dipendenti, i “collaboratori” devono poter raggiungere il posto di lavoro senza inquinare. E via così. La sua è la prima malga dell’Alto Adige con il “bilancio del bene comune” certificato. «L’obiettivo - spiega - non è il guadagno, ma fare qualcosa che faccia bene alla società nel suo complesso». Se volete saperne di più date un’occhiata al suo sito: www.naturheilt.it.

Un uomo così, non può non avere idee chiare sul turismo in Alto Adige: «La nostra terra è una cartolina vivente - dice -, ha luoghi unici al mondo che sono come miele per le api. Attirano senza muovere un dito. Ma dobbiamo stare molto attenti: i grandi alberghi si stanno uniformando ai ritmi imposti dal mercato mondiale. Per lo stesso prezzo, ti danno colazione, pranzo, cena, la spa, il corso di cavallo e l’acquagym. Quando il turista arriva in malga, non beve neanche un bicchiere d’acqua perché è già pieno come un uovo. Questo è un pericolo: può minare la sopravvivenza delle piccole realtà come la mia. I turisti poi si isolano, non c’è una vera comunicazione con le comunità locali». E così magari pensano che lo speck sia fatto davvero col maiale del maso e non con quello di un allevamento lager di Amsterdam...

«Appunto. Ma non a Malga San Pietro. Qui le bugie non le diciamo. E adesso assaggia questa torta: pere e cioccolato vegano...».













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